dialoga con noi

Argomento di discussione: Spiritualità



02.11.2009 10:11 - jhansen ha scritto:
Ecco, grazie a Ines per ora il discorso sulla spiritualità gira attorno a tre pilastri: fede - Dio - realtà ecclesiastica. Sarebbe utile esporre qui ciò che è per noi fede, Dio e la conseguenza di tutto ciò nella propria vita. Cito qui Brecht per dare un piccolo contributo: Nella storia del signor Keuner di Bertolt Brecht, si legge: «Una persona chiese al signor K. se esista un Dio. Il signor K. rispose: «Ti consiglio di riflettere se il tuo comportamento cambierebbe a seconda della risposta a questa domanda. Se non dovesse cambiare, allora possiamo lasciar perdere la domanda.»

20.10.2009 11:10 - Ines ha scritto:
Ecco, finalmente penso che stiamo centrando il punto. L’intervento di Lella mi interroga. 1) Non ho detto che Dio non abbia bisogno di noi, anzi, ma appunto “se non parleremo saranno le pietre a farlo” significa che tanto “lui” parla ugualmente, a prescindere. 2) Io penso che invece se non si viene fulminati sulla via di Damasco si continuerà a “credere” o “non credere” o a credere di credere, ma non si incontrerà Dio; 4) a me pare che il dio che mi viene predicato somigli troppo a Giove, appunto, a partire dal fatto che lo si nomini come Dio, per lo più maschio. Ribadisco che quel dio non esiste e ci si crede ancora troppo. Se si considera il mondo attraverso le scienze, non si vede niente di più di questa vita apparentemente insensata che conduciamo. Il tentativo di costruirsi un dio da parte dell’umanità è il tentativo di eliminare questo senso di insensatezza e di solitudine. Questo sì è una scelta. Non è una scelta invece essere atei, perché ci si arriva attraverso uno sforzo della ragione. A meno che… non sia l’Eterno che ti viene a prendere per i capelli. Il “come” è diverso per ognuno e ognuna. Simone Weil, per esempio, che non aveva aderito a nessuna chiesa, diceva di essere stata presa da Cristo contro la sua volontà. Capite che non si tratta di “scelta” per niente. Ma quello che mi mette in discussione invece è sull’esperienza ecclesiastica, perché forse sono io che sottovaluto l’esperienza di molti fratelli e sorelle in questo senso… Ma si deve parlarne di più.

18.10.2009 14:10 - lella46 ha scritto:
Io credo che proprio qui stia il punto. Se si parte solo da se stessi, e dal proprio intenso desiderio di «sentire» Dio, si rimane bloccati lì, e non se ne esce. Se ti aspetti di essere «fulminata» sulla via di Damasco, potresti anche non discernere i modi molto meno eclatanti che Dio potrebbe scegliere per manifestarsi nella tua vita. Non credo sia vero che Dio non abbia «bisogno» della nostra testimonianza di esseri umani, fatta di parole e di azioni, altrimenti torniamo a Giove pluvio ed ai suoi fulmini ... Il Dio di Gesù Cristo non è «un’entità» che si «manifesta» indipendentemente dalla parola. Addirittura, sta scritto che se noi non parleremo saranno le pietre a farlo (non chiedetemi il numero del versetto...). La Parola però va anche ascoltata, da chi è «in ricerca» (oltre che predicata dai pastori e da chiunque ci si voglia cimentare). Se uno, sapendo dove e quando può confrontarsi con la Parola, evita di farlo perché pensa di poter «fare da sé», potrebbe anche arrivare alla conclusione che «Dio non esiste»; una volta fatta questa scelta, non mi sembra però leale accusare le chiese del protestantesimo storico di scarsa spiritualità solo perché si è arrivati a questa conclusione.

17.10.2009 08:10 - jhansen ha scritto:
Cara Ines, eccomi qui. Sono d'accordo con te che il Dio che abbiamo in mente è la nostra immagine che abbiamo di Dio. Infatti, ogni tanto dico negli incontri anche ecumenici che siamo 6 miliardi di esseri umani con altrettante idee su Dio. Ciò che riguarda me è che nella mia vita ho avuto più immagini di Dio, son passato da un Dio severo e punitivo ad un Dio d'amore che si concretizza nella relazione. Questa relazione è sempre a tre, Dio, il prossimo, io, come dice il comandamento più alto di cui parla Gesù: amare Dio e amare il prossimo come se stesso. Perché parlo di più immagini? Posso dire che le immagini di Dio dipendono dalla situazione in cui mi trovo. Ogni crisi della mia vita mi ha cambiato l'immagine che avevo di Dio. Perciò vorrei affermare: le mie crisi con Dio sono crisi dell'immagine che ho di lui e si superano perché comunque la relazione con Dio e con gli altri è dinamica e quindi aperta a dei cambiamenti. Detto questo, sono d'accordo con la tua ultima affermazione: l'amore verso il prossimo lo vivo come naturale, che sì, scaturisce dall'amore di Dio verso di me, ma che non ha bisogno di essere messo in mostra. Esso è conseguenza del e campo di prova per il mio rapporto con Dio.

13.10.2009 19:10 - sergio ha scritto:
Probabilmente (ma posso sbagliare) lella46 confonde ciò che ha scritto ines e quello che ho scritto io. Se per fondamentalisti intendiamo “integralisti letteralisti” che non vedono più in là del loro naso, ha ragione lella e non mi identifico con loro; ma se per fondamentalisti intendiamo chi si fonda sulle dichiarazione di Cristo, unico fondamento della sua Chiesa allora non ci vedo nessun male anzi una sana riscoperta. Stiamo attenti a non confondere i fondamentalisti terroristici e gli evangelici fondamentali che desiderano attenersi alla semplicità ed efficacia dell’evangelo (vedi i circa 5000 della chiesa pentecostale A.D.I che hanno chiesto chiarimenti etici alla Tavola e ai numerosissimi latino americani che sono accolti in parecchie nostre chiese). Vedere poi i testi biblici come pietre scagliate contro altri mi sembrano pregiudizi datati che impediscono il libero e appassionato confronto sulla Bibbia. O essa è i nostro testo di riferimento oppure non lo è. Si dia a questi testi uno straccio d’interpretazione, almeno sappiamo come la pensiamo. Mentre per ciò che riguarda il lasciarsi interrogare dal testo biblico non posso che condividere tale principio, per questo ho citato dei versetti non casualmente, perché da anni (almeno 50) mi e ci interrogano.

13.10.2009 09:10 - jhansen ha scritto:
La teologia come tale è una scienza che utilizza tutti gli strumenti per fare una ricerca seria. Come materia universitaria può essere studiata da tutte le persone. La fede non è una prerogativa per poter studiare teologia. Posso benissimo studiarla per ampliare il mio orizzonte. Certo, uno studio visto così è diverso da quello che viene intrapreso a causa di una vocazione per il ministero pastorale per esempio. In quel contesto la teologia arricchisce la propria spiritualità, ed ecco, siamo in pieno tema.

12.10.2009 23:10 - sergio ha scritto:
Ma a che serve parlare di Dio e non crederci? È una ricerca? Forse. Ma se un bambino può credere in Dio, perché non lo può fare un adulto? Perché non vuol crederci! Poi, se si vuol analizzare le cause dell’uno o dell’altro liberi di farlo, ma la sostanza mi pare sia questa. Giacomo la sintetizza in poche parole: Giac 2:19 Tu credi che c'è un solo Dio, e fai bene; anche i demòni lo credono e tremano. I figli di Dio non hanno paura del loro Padre celeste. Ecco la differenza che c’è anche tra chi crede in Dio e chi ne vuol solo parlare (l’indifferenza è ancora peggio) vedere Apocalisse 3:15-16.

09.10.2009 16:10 - jhansen ha scritto:
Cara Ines, bentornata nel forum. Hai visto che discussione hai fatto partire? Te ne sono grato, perché si cresce discutendo e mettendosi in gioco come hai fatto anche tu. Per questo sono curioso di cosa scriverai in futuro. Hai fatto bene distinguere fra giudicare e osservare. La differenza sembra sottile ma è grande per quanto riguarda il risultato, il giudizio distrugge una discussione, un parere che nasce da riflessioni ed esperienze personali apre invece all'altro.

09.10.2009 13:10 - Ines ha scritto:
Saluti a tutti. Credo di poter parlare al maschile, se lella è un cognome, vero? Intanto mi scuso di aver lanciato una discussione che sono felice interessi a tante persone e poi essermi eclissata. Motivi prima di lavoro e poi di vacanza. Però ho letto ora con vivo interesse tutti gli interventi di cui sono molto felice e brevemente vorrei dire di sentirmi molto in sintonia con Jhansen e anche con molto di quello che dice Sergio. Se si dice "spiritualità" è vero, ognuno può pensare a qualcosa di diverso. Io intendo come dice jhansen ciò che viene dallo Spirito, che è riconoscibile in tal senso, ciò che ci muove dentro e ci fa parlare, agire, pensare di conseguenza. In tal senso riconoscevo nelle nostre chiese secolarizzate un senso di stanchezza, di necessità, di ripiegamento a una serie di riti e di formule, di "pensare" e discutere "su" Dio, anziché "a partire" da Lui. Qualcuno però mi ha giustamente invitata a partire da me e dall'incontro con gli altri e altre. E' quello che sto cercando di fare, in questo forum, e in tutti gli altri ambiti della mia vita, ma – come diceva qualcuno – non ci si può nascondere dietro il “non giudicare” se si vuol fare un percorso collettivo; io non mi metto fuori, ma dentro, insieme. Diciamo che non giudico, ma “sento”, “percepisco”. Poi volevo dire: ma dove sono le donne? Le donne fuori e dentro le nostre chiese, che di tante riflessioni profonde sono capaci...

07.10.2009 08:10 - jhansen ha scritto:
Caro Sergio, mi fa piacere leggere che al centro della tua riflessione metti il "comandamento" del triplice amore: verso Dio - verso il prossimo - verso se stesso. Vedo quindi nel tuo intervento la spiritualità come relazione con Dio che mi rende capace di relazionarmi con l'altro e con me stesso. E' questo che volevi dire?

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