Nella collana Orizzonti del pensiero cristiano i Gruppi Biblici Universitari pubblicano questo testo poco noto del protestantesimo cinquecentesco, il De religione christiana fides di Zanchi con il titolo La fede cristiana (si noterà peraltro l’interessante gioco dei termini fra fede e religione cristiana, realtà connesse ma non identiche). Ne dà una efficace traduzione Emanuel Fiume che l’accompagna con una introduzione puntuale che delinea il ritratto del personaggio e le sue vicende. L’incontro con questo credente del Cinquecento costituisce per il lettore, che si connette all’ambiente evangelico per appartenenza o solo curiosità, il primo motivo di interesse.
Gerolamo Zanchi figlio della borghesi bergamasca è avviato alla carriera ecclesiastica come molti giovano dotati del suo tempo e si rivela subito particolarmente dotato; entrato nell’ordine dei canonici lateranensi si troverà inserito, nel convento di San Frediano a Lucca, in una équipe di eccezionale livello teologico e spirituale, sotto la guida di Pier Martire Vermigli, un cenacolo di cultura biblica, predicazione, che costituì allora l’affascinate esempio di quello che avrebbe potuto essere la Riforma italiana. Con l’introduzione dell’Inquisizione negli anni ’40 la situazione si fece sempre più difficile per il gruppo i cui membri cercarono rifugio all’estero. Zanchi lascia l’Italia nel 1551; dopo un periodo ginevrino, trova sistemazione a Strasburgo dove insegna teologia per un decennio, per altri dieci anni è pastore della comunità evangelica di Chiavenna, che lascia per concludere la sua carriera accademica a Heidelberg, la città che contende a Ginevra il primato nella teologia calvinista a fine secolo; muore nel 1590.
Questo il personaggio, di levatura tutt’altro che mediocre, non meno interessante però l’opera. Reca come sottotitolo: [la fede cristiana] che precisamente ora a sessantacinque anni di età mise in luce a nome suo e della sua famiglia.
Si tratta dunque di una sorta di testamento spirituale che di sé lascia la famiglia Zanchi (che più pastorale di così non si potrebbe dare: tre figli pastori, due figlie spose di pastori!).
Consta di 30 capitoli suddivisi in brevi paragrafi che presentano i temi essenziali della fede cristiana di diversa ampiezza a seconda dell’importanza che l’autore ritiene dover dare al tema. Intorno a 8-9 paragrafi, in linea generale, raggiungono i 16 e 19 quelli dedicati all’opera delle salvezza, ampiezza che si giustifica pienamente trattandosi di fede cristiana ; più sorprendente invece sono però quelli dedicati ai sacramenti e alla cena (18), alla chiesa militante e al ministero ecclesiastico, rispettivamente 24 e 40.
L’opera di Zanchi matura dunque nel clima della Heidelberg riformata, e rispecchia molto bene i problemi di quella generazione. Il confronto fra il movimento luterano e quello riformato si è ormai irrigidito, le posizioni rispettive si contrappongono e quando le chiese luterano stabiliscono nel 1577 i loro testi teologici da considerarsi fondamentali, anche i riformati ritengono dover fare altrettanto e a Zanchi viene chiesto di redigere una presentazione organica del pensiero riformato. Quel lavoro è all’origine del nostro testo, un documento di studio dunque, un trattato di teologia, ma come tutta la letteratura calvinista, ispirato ad una forte coscienza pedagogica.
Proprio nell’ambiente del Palatinato è nato infatti un altro testo classico del cristianesimo evangelico: il catechismo di Heidelberg, tuttora in uso in non poche chiese di tradizione calviniste, a cui il nostro trattato non può che essere affiancato. In entrambi i casi si tratta di testi accessibili ad ogni credente che richiedono naturalmente una lettura partecipe, attenzione, concentrazione non superficiale, accessibili però ad ogni credente e adatti a confermare e chiarire la fede.
Questo significa che si tratta di letteratura edificante nel senso preciso del termine: di testi che, sulla base di una scelta di fede evangelica, costruiscono una coscienza personale, una consapevolezza di sé, testi che forniscono un insegnamento, approfondiscono la conoscenza, arricchiscono la riflessione. Un testo che ogni persona di cultura interessato alla storia del protestantesimo in Europa leggerà con profitto, ma da cui ricaverà non minor profitto l’evangelico attento alla propria formazione personale.
La nostra presentazione non sarebbe però esauriente se tacessimo due interrogativi che si sono posti al termine della lettura. La fede cristiana di Zanchi come il Catechismo di Heidelberg sono opere che rispondono perfettamente alla situazione dell’Europa cinquecentesca, di una società cristiana, rispondono a degli interrogativo della fede di allora, della salvezza eterna del contesto ecclesiastico in cui collocarsi per ottenerla, di quale sia la chiesa a cui affidarsi, quale l’etica da praticare.
Radicalmente diversa è oggi la situazione in cui nasce la fede e vive la chiesa: una cristianità che si dissolve in un formalismo religioso o in un agnosticismo scettico, un tessuto sociale in disgregazione, un individualismo esasperato nella ricerca di sé e del godimento di una vita sempre più frenetica ma destinata a prolungarsi verso un declino fisico e psichico.
La relazione della chiesa con questa società si definisce ormai con un termine in uso, anche in ambienti cattolici: evangelizzare, ma dispone la chiesa degli strumenti adatti a condurre questa missione? A dire il vero si deve parlare di evangelizzazione non solo all’esterno ma anche all’interno delle chiese, dove più che scoprire la fede si tratta di chiarirne il contenuto. Una esposizione sintetica della fede cristiana non è oggi più possibile usando come traccia il Credo apostolico; Dio non è più un dato ma il problema, l’inferno e i diavoli poco più che immagini retoriche, l’uomo è una specie biologica frutto di un evoluzione del tutto casuale, l’esistenza, qualora abbia un senso, è un spazio aperto a tutte le esperienze di vita e di morte. Provare a scrivere quel credo, dicendo le verità del vecchio in termini nuovi, è il compito della teologia, degli Zanchi di oggi.
Connesso a questo sta però un secondo problema che fa seguito immediato alla evangelizzazione, quello della formazione del carattere evangelico. Quando l’interlocutore o il lettore è stato catturato dall’Evangelo (il termine non sembri inopportuno e disdicevole, è quello usato da Gesù stesso quando affidò a Pietro il compito di “pescare gli uomini”) si è fatto solo il primo passo; occorre poi aiutalo a crescere, formarsi una opinione personale. A questo miravano i catechismi
all’epoca delle Riforma. Una chiesa cristiana non può fare a meno di un testo di catechismo. Dopo la stagione di quello olandese, molto discusso, la chiesa cattolica ha lavorato anni per mettere a punto il suo testo; quella valdese ha un testo ufficiale (secondo il suo ordinamento infatti liturgie e catechismi de devono essere approvati dal Sinodo) ma da anni pastori e catechisti lo ignorano facendo ricorso a forme più moderne di apprendimento, con risultati sin qui non verificati.
In realtà nel mondo evangelico il catechismo è più che un manuale scolastico, uno strumento pedagogico è un testo di riferimento che permette al credente di orientarsi nel mondo della Bibbia a cui egli fa costante riferimento. A questo miravano i testi della Heidelberg calvinista, sia il catechismo che il trattato di Zanchi. Anche questo resta da scrivere nella chiesa del XXI secolo.
14 settembre 2011 |