Per comprendere le situazioni della storia è importante rifarsi ai documenti. Per quel che concerne la Riforma protestante la Claudiana ha pubblicato nel corso dell’anno due opere fondamentali, di Calvino e di Melantone, entrambe meritano una attenta lettura. Il testo di Calvino affronta il tema sempre dibattuto della predestinazione, quello di Melantone si connette in modo diretto con il fatto storico della Riforma ma è di sorprendente attualità.
Conosciuto come la Confessione augustana, si tratta del documento presentato dai principi e dalle città della Germania che hanno aderito alla riforma della vita ecclesiastica proposta da Lutero a da lui attuata a Wittemberg. Si tratta davvero di un sovvertimento della fede cristiana, della negazione di Cristo, di un’opera del demonio, come sostengono i polemisti cattolici o invece di una restaurazione della chiesa delle origini apostoliche?
L’imperatore Carlo V vuole mettere fine a questa triste vicenda e questa polemica che crea scompiglio e tensioni nell’Impero e gli impedisce di affrontare il problema urgente in campo internazionale: l’avanzata dei Turchi che invadono l’Ungheria. Ha dunque concesso che alla Dieta convocata ad Augusta nel 1530, dove convengono tutte le autorità politiche e religiose, di affronti il problema e il partito evangelico presenti in modo chiaro le sue tesi e le sue proposte.
Il territorio che sta al centro del movimento di riforma è la Sassonia di Federico il Savio, ai suoi teologi viene dunque affidato il compito di redigere questa Apologia, questa difesa delle fede cristiana evangelica. Lutero, l’unico che potrebbe farlo, è posto al bando e scomunicato per cui il compito passa al suo collega Melantone, esponente della nuova cultura umanista, molto meno radicale e polemico del collega.
Egli però modifica l’impostazione del documento e abbandonando la posizione di difesa sceglie quella propositiva, e da una apologia, intesa giustificare questo è avvenuto, redige una confessione di fede, enuncia cioè i punti fondamentali di un progetto di chiesa cristiana per la nuova Europa.
Melantone delinea un’immagine molto efficace della cristianità evangelica sottolinea l’aspetto propositivo, il fondamento biblico evita i temi di maggior conflitto che sono al centro delle polemiche: la giustizi salvezza per fede o opere, il papato, forse per prudenza e un pizzico di diplomazia (che non avrebbe avuto Lutero di certo, ma sopratutto perché che gli preme mettere in chiaro ciò che il cristiano evangelico crede, non ciò che non crede. La riforma protestante è una proposta, una affermazione, non una battaglia polemica, costruisce una nuova identità non sta a demolire il vecchio.
La Confessione si compone di due parti: nella prima sono esposti 21 punti dottrinali che riguardano la persona di Cristo, il peccato dell’uomo, la salvezza, la chiesa e il suo ordinamento, i sacramenti, la fede e la vita cristiana. Nella seconda si analizzano sette "abusi" della prassi ecclesiastica che "sono stati corretti" dalla riforma: messa, comunione, matrimonio dei preti, confessione, voti monastici, potere della chiavi.
Letta da Melantone stesso la Confessione non poteva naturalmente soddisfare né la Dieta né l’imperatore, che affidò ad una commissione di teologi del partito tradizionale, di analizzarla e criticarla; il risultato prevedibile fu la condanna dell’intero documento, ad eccezione di quelle parti che si mantenevano nella tradizione teologica.
Il nostro documento è stato pubblicato a più riprese anche in Italia, caso unico che ne dimostra il grande equilibrio, appare ora, nella collana delle Opere di Melantone, a cura di Paolo Ricca, ad un livello nettamente superiore, non più di buona divulgazione ma come edizione critica: la traduzione è affiancata dal testo latino, quello in cui fu redatto, preceduta da una ampia introduzione che definisce il contesto, accompagnata da un apparato di note che non solo commenta il testo ma rappresenta un vero saggio di teologia luterana.
Il lettore (eventuale) odierno si pone certo la domanda: può un’opera del Cinquecento avere qualche interesse per i credenti oggi? Domanda legittima a cui si deve rispondere affermativamente: quella Confessione è più attuale di molti saggi di parateologia che vanno oggi per la maggiora, per due motivi. Dice chiaramente, senza polemiche e secondi fini, quale immagine della fede un cristiano può trarre dal Vangelo; lo dice naturalmente nel linguaggio di allora ma è quello che viene usato tuttora in tutte le chiese e i catechismi. In secondo luogo illumina in modo chiarissimo la situazione del cattolicesimo odierno, in questo testo ci sono tutte le sue maggiori voci, Küng e monsignor Martini, i dissenzienti e riformisti, quelli che rimpiangono il Vaticano e ci sono i suoi problemi: messa in volgare, eucaristia, matrimonio dei preti, pietà strutturata dal Vangelo e autorità della Chiesa. Adattandola e senza indicarne la provenienza oggi un cattolico progressista potrebbe farne il suo manifesto di riforma.
Ma questo suggerisce un’altra domanda: perché i teologici ad Augusta (figure tutt’altro che di secondo piano, fossili medievali!) stroncarono senza appello questo testo? Forse perché la cristianità era ormai diventata un sistema teologico ecclesiale così organico che toccare anche un punto marginale (mangiare carne il venerdì come fece Zwingli per scatenare il dibattito e provocare la scomunica) significava provocare il crollo dell’edificio. E quello che accadde allora si ripete nell’oggi, al Concilio il professor Ratzinger, collega di Küng, avrebbe probabilmente sottoscritto questa Confessione, oggi papa Benedetto non lo può più fare, il sistema lo impedisce.
24 ottobre 2011 |