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In libreria
a cura di Giorgio Tourn

I. Pons, G.B. Venier, Giorgio Peyrot. Il giurista delle minoranze religiose, Genova, De Ferrari ed. – Genova University Press, 2013

Pubblicati a Genova gli atti del convegno su Giorgio Peyrot svoltosi nel 2011

Giorgio Peyrot. Il giurista delle minoranze religioseIl volume raccoglie gli atti del convengo tenutosi l'8 e il 9 aprile 2011 a Genova, a cui hanno partecipato esponenti del mondo accademico e della comunità valdese, sulla figura di Giorgio Peyrot, docente di diritto ecclesiastico. Egli ebbe un ruolo fondamentale non solo nel definire l'identità della chiesa valdese nel secondo dopoguerra ma anche nell'impostare in modo moderno il rapporto fra la minoranza evangelica e lo Stato Italiano. La sua formazione teologica-culturale affonda le radici nel periodo prebellico nel contesto del movimento di Gioventù cristiana, diretta da Giovanni Miegge, e in particolare negli incontri teologici tenuti da questi al Ciabas, Valli Valdesi (TO).

Per quanto riguarda l'aspetto teologico ecclesiastico della sua attività di giurista si deve rilevare la profonda innovazione che egli ha introdotto nella coscienza giuridica valdese. Rifacendosi alla tradizione riformata più antica, che considerava come elemento fondante della ecclesiologia protestante l'autonomia delle chiese locali, di cui il sinodo rappresentava il momento di vita unitario, impostò in quest'ottica la riformulazione delle discipline valdesi tuttora vigenti.

Non meno rilevante fu però il secondo aspetto della sua attività sul piano dei rapporti fra lo Stato italiano e le minoranze religiose. La vita delle minoranze evangeliche in Italia risultava difficile, in particolare quella delle comunità pentecostali, non essendo stata abolita la legislazione fascista malgrado la promulgazione di una Costituzione democratica.

Nel 1946 la Tavola valdese istituì un Ufficio legale allo scopo di tutelare le comunità valdesi in questa fase di trasformazione giuridica. Ma l'attività di Peyrot si esplicò ben oltre l'ambito valdese e l'ufficio legale da lui diretto costituì un punto di riferimento giuridico per altre comunità evangeliche.

La sua attività di docente e quella di consulente gli valsero un ruolo particolarmente importante nella battaglia condotta dalle forze democratiche per l'attuazione della libertà religiosa nel nostro paese. Due furono i punti di questa battaglia: l'attuazione dell'art. 8 della Costituzione, che prevede la stipula di apposite Intese fra le “confessioni religiose” e lo Stato italiano, e la messa in opera della Corte costituzionale come strumento di revisione delle norme giuridiche vigenti.

Il diritto e le minoranze religiose

di Claudio Pasquet

Gli interventi qualificati di esponenti del mondo giuridico e di quello evangelico hanno messo in luce nel convegno citato questa pluralità di interessi e la rilevanza del contributo dato da Peyrot nei settori teologico e giuridico.
Nel dare recensione del volume, Claudio Pasquet ha presentato, sul settimanale Riforma, la figura di Giorgio Peyrot in termini molto efficaci.

Impossibile riassumere efficacemente gli interventi contenuti nel testo, data la loro densità e importanza. Avendo conosciuto Giorgio Peyrot ed essendo stato suo pastore a Torre Pellice, mi permetterò di delineare alcuni tratti del suo pensiero che sono evidenziati dalle relazioni e che erano ben vivi nelle chiacchierate fatte con lui nelle (lunghe) visite pastorali. Innanzitutto la sua totale contrarietà alla scelta fatta dalle chiesa in materia di otto per mille. Come dice anche Francesco Margiotta Broglio nel primo intervento al convegno: «Mi considerò il grande corruttore del mondo evangelico, perché già era un male l’otto per mille alla chiesa cattolica, ma che poi fossi riuscito ad applicarlo alle confessioni diverse dalla cattolica...». Poi ricordo la sua passione davvero laica per uno Stato capace di tenere le confessioni religiose nel loro giusto valore, senza prevaricazioni da nessuna delle due parti, senza dimenticare che «la parità e l’eguaglianza (…) la nostra Costituzione non è arrivata a stabilirla, perché non la si è voluta. La parità è ripartire a tutti in modo uguale (…), l’uguaglianza è ben diversa in quanto consiste non a tutti lo stesso ma a ognuno il suo».

Va poi ricordata la fedeltà vera e propria che Peyrot ha sempre dimostrato nei confronti della tutela delle minoranze religiose in Italia nel dopoguerra, le infinite battaglie perché fossero dichiarate decadute le odiose restrizioni previste dalle leggi fasciste, e le molte cause intentate contro evangelici per impedir loro la piena libertà di culto, nonostante la nuova Costituzione repubblicana. Come ricorda Venier nel suo intervento: «Tale azione repressiva di ogni azione evangelistica venne continuata nonostante la magistratura, specie nei gradi minori, desse in quegli anni una chiara dimostrazione di coerenza e di rispetto delle norme costituzionali». Sia detto per inciso, a mio parere, che se vogliamo tenere viva la sua memoria, questa battaglia dobbiamo continuarla – penso alle restrizioni che alcune regioni e comuni «zelanti» pongono alla modificazione d’uso dei locali, per impedire ai nuovi evangelici, spesso immigrati, di ritrovarsi per lodare il Signore. Poi si ricordano naturalmente la grande battaglia delle Intese e la necessaria intelligenza politica per procedere in questa lenta e faticosa impresa nell’Italia dominata dal cattolicesimo politico, che fece di tutto per far sì che le prime Intese venissero approvate ben 36 anni dopo che la Costituzione le aveva previste! Fa inoltre piacere che nelle relazioni non siano stati dimenticati alcuni temi della libertà tra i quali l’obiezione di coscienza di cui Giorgio Peyrot si occupò in anni difficili e in cui tale tema non era certo popolare!

La seconda parte del libro riporta le relazioni di alcuni evangelici italiani sulla figura del credente e giurista Peyrot. Alcuni temi si sovrappongono necessariamente a quanto trattato dai relatori nella prima sezione. E non può che essere così per temi quali la libertà religiosa, il rapporto con lo Stato, le Intese; ma è interessante come emerga la figura del Peyrot, membro di chiesa e teologo che si confronta con quella che è la sua fede quando è messa in rapporto con questi temi. Molti interventi, e in particolare quello di Franco Giampiccoli, ricordano il fondamentale contributo dato al profondo rinnovamento dell’impianto ecclesiastico e giuridico che la Chiesa valdese ha intrapreso a partire dal dopoguerra: «La ricca eredità che risulta dal rinnovamento partito dagli anni ‘50 e che ha prodotto una preziosa e originale configurazione ecclesiologica di stampo riformato, merita di essere conosciuta...».

Impossibile ricordare tutti gli altri interventi, ma accenniamo agli altri temi che hanno visto l’impegno di Peyrot: prima fra tutte la grande stagione dell’integrazione fra le chiese valdesi e metodiste, poi le Intese di altre confessioni, il documento sinodale sul matrimonio, la sua passione di storico dell’ordinamento valdese. E mi si permetta, a questo proposito, ricordare che nei miei incontri con Giorgio Peyrot scoprivo ogni volta anche lo storico delle vicende della nostra chiesa. Uomo dal carattere indubbiamente forte, ma profondamente appassionato dell’Evangelo e del tentativo umano di viverne la fedeltà in una chiesa attraverso i secoli, senza dimenticare le sfide del mondo presente.

Come disse la moderatora Bonafede parlando al convegno: «…una capacità tipica di Peyrot: quella di intrecciare la passione per la libertà dell’Evangelo con la dottrina giuridica da una parte e con i principi di una compiuta democrazia dell’altra».

Tratto da Riforma del 14 giugno 2013

 
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