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di Giorgio Tourn

Letizia Tomassone. François Vouga, Per amore del mondo. La teologia della croce e la violenza ingiustificata, Torino, Claudiana, 2013

Per amore del mondo. La teologia della croce e la violenza ingiustificataPur affrontando temi impegnativi il volume si presenta alla lettura agile, accessibile, coinvolgente. Strutturato in tre sezioni: esegetica, storica, tematica, affronta un argomento fondamentale del cristianesimo: l’opera di Gesù Cristo. Uno dei titoli con cui i credenti si rivolgono a lui di preferenza, oltre quello classico di Signore, è infatti: salvatore; superfluo dire che questo termine si connette a due avvenimenti della sua esistenza che lo caratterizzano: la morte e la risurrezione, realtà che non hanno paralleli in altre figure religiose dell’umanità, che si possono accostare alla sua.

Comunemente la salvezza viene considerata risultare della morte in croce intesa come un sacrifico vicario. Il credente può considerarsi salvato perché Gesù è morto al posto suo, come afferma il detto apostolico “Egli è morto per i nostri peccati”
Ma questa lettura risponde veramente al messaggio evangelico? Questo l’interrogativo del nostro saggio che è affrontato da Vouga, noto studioso del Nuovo Testamento, sul piano esegetico e da Letizia Tomassone su quello storico e culturale.
La risposta è nel complesso negativa. La morte di Gesù è sì l’avvenimento centrale della rivelazione, ed è atto liberatorio, e per questo, è sempre associata alla risurrezione, ma non ha nel Nuovo Testamento il carattere di un sacrificio vicario.

Questa lettura, intesa generalmente come chiave di lettura della fede cristiana, è invece prodotto della riflessione di un grande teologo medievale, Anselmo d’Aosta. Egli interpretò il messaggio evangelico nelle categorie della società feudale del suo tempo: l’onore di Dio, offeso dal peccato dell’uomo, richiede una riparazione, con un sacrificio e può farlo solo una creatura divina, appunto il figlio di Dio stesso.

Letizia Tomassone illustra questa pagina di storia del dogma e prolunga la riflessione valutando le ricadute che questa dottrina ha avuto nella cultura europea.
È evidente che se il sacrificio di sé, compiuto da Cristo, è l’atto fondante della fede, l’idea stessa di sacrificio diventa importante, anzi fondamentale nella identità delle persone e ancor più dei credenti. Tutta la vita cristiana è impostata sul sacrificio di sé. Da qui però prende spunto la nostra teologa per condurre una riflessione sull’attualità, denunciando le conseguenze nefaste che questo pensiero ha avuto nella vita delle persone più deboli della società: le donne, i bambini vittime sacrificali di una violenza ingiustificata.

Non è questa la sede per condurre una riflessione analisi critica del nostro saggio. Si potrebbe riflettere su alcuni nessi teologici forse eccessivamente, semplificati, su passaggi storici un po’ affrettati, e sul fatto che si è evitato di affrontare quello che è il nodo del sacrificio vicario e cioè il concetto di peccato.
Quello che preme però rilevare il fatto che quello che viene posto al dibattito è uno (o il) nodo teologico di fondo della fede cristiana. Nell’ormai inflazionato discorso etico esistenziale sulla vita biologica e la morte, la sessualità, la laicità, il dialogo interreligioso, è salutare tornare a porre i problemi della fede, connessi, è bene ripeterlo, con la persona storica di Gesù di Nazaret.

16 luglio 2013

 
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