In questo saggio agile e documentato Paolo Naso raccoglie e mette a fuoco le ricerche e le letture che ha condotto negli ultimi anni in uno degli ambiti di maggior interesse della sociologia odierna in campo religioso: il movimento, o i movimenti pentecostali. Assuefatti ormai da secoli a leggere le vicende cristiane in termini statici, strutturali sia in campo teologico che organizzativo, gli studiosi non hanno sin qui valutato in modo confacente questo movimento religioso che si presenta con caratteri particolari, fluido, indeterminato, plurale.
In realtà si tratta di un fenomeno di portata storica che può paragonarsi solo alle grandi svolte della cristianità: il monachesimo antico, la riforma protestante, destinato pertanto a modificare profondamente la natura i linguaggi l’ottica del cristianesimo.
Dopo uno sguardo alle origini, molto poco appariscenti nel quadro della religiosità nord americana, il saggio analizza gli aspetti fondamentali del movimento. La matrice protestante è evidente e raspare in alcune elementi chiave: il carattere normativo della Sacra Scrittura, la centralità della figura di Gesù, la conversione come cesura radicale dell’esistenza (il prima della vita nel peccato il dopo in quella della salvezza), la fede come esperienza esistenziale e non integrazione in un ordine salvifico, la comunità dei credenti nella dimensione comunitaria e non istituzionale, il carattere non gerarchico della ministerialità.
Si tratta evidentemente di quello che dopo Weber e Troeltsch si conosce come neo protestantesimo, di matrice arminiana, umanista, quello dei Revival, del metodismo non dell’epoca classica dei riformatori. Forse per questo in grado di cogliere e interpretare aspetti della realtà odierna religiosa e non; pertinente è a questo riguardo il titolo “liquidità posto moderna” del paragrafo dove si sottolinea "la forza emotiva, lo spirito pragmatico, la capacità del adattamento" che fanno la forza del movimento.
Nella seconda parte del saggio l’autore analizza alcune situazioni significative della “galassia” pentecostale, quella italiana (nella prima fase e in quella odierna resa plurale dall’immigrazione), la brasiliana, quella pressoché incontrollabile dei continenti africano e asiatico.
Non si può che concordare con l’autore quando ritiene dover collocare il pentecostalismo non già nel quadro di una regressione pre o anti moderna ma della posto modernità per la sua capacità di interpretare alcune delle sue esigenze di fondo. Anzitutto un approccio olistico alla vita che superi le scissioni corpo-mente, ragione-passione, pensiero-vita, l’esperienza personale come categoria fondante non in dimensione individualistica ma reticolare, una spiritualità a dogmatica, in perenne rinnovamento.
Il futuro dirà quale sviluppi avrà questo “questo cristianesimo”, che si colloca ormai accanto a quelli ortodosso, cattolico romano, protestante; evidente però che non si possono ignorare le sue proposte ma soprattutto le domande a cui da risposte.
7 agosto 2013 |