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IL VANGELO OGGI
 
Discepolato e disciplina
di Emanuele Fiume

Tratto da Riforma del 16 luglio 2004

«Tu hai dato i tuoi precetti perché siano osservati con cura»
(Salmo 119/4)

Molte volte la parola del Signore è per noi una preziosa fonte di consolazione nei nostri momenti di angoscia e di difficoltà. Ci assicura dell'amore di Dio e ci rende certi della sua azione in nostro favore. E ciò lo accettiamo volentieri, e volentieri ascoltiamo la voce del Signore. Tutto cambia nel momento in cui ci rendiamo conto che la stessa parola di protezione, consolazione e misericordia ha immediatamente delle pretese sulla nostra vita. La prima pretesa è quella di essere costantemente e assiduamente ascoltata, la seconda (in ordine causale, ché avviene contemporaneamente alla prima) è quella di essere messa in pratica, cioè di diventare riconoscibile nella vita dei suoi ascoltatori e nelle diverse scelte che la vita comporta. Non perché la nostra vita verifichi la verità della parola del Signore, ma perché questa parola pretende di essere, fino in fondo e senza sconti, parola per noi.

Questo cammino dell'ascolto ha due limiti, due barriere al di là delle quali si è fuori strada. La prima è la sottomissione della volontà di Dio alla volontà umana. Detto in prosa: da noi chiunque può fare tutto. La libertà di figli di Dio diventa libertà della volontà umana, libertà di cercarsi i punti di riferimento che più aggradano, libertà di fare solo ciò che si sente, come se il nostro cuore fosse un affidabile e inesauribile pozzo di bontà e verità. Questo peccato rischia di spegnere l'ascolto. La parola non viene più sopportata: è indomabile, e quando afferma il diritto di Dio sulla nostra vita e umilia il nostro orgoglio, brucia troppo per essere ascoltata. L'altra barriera da non superare è l'inaridimento della risposta credente in una precettistica che non distingue più il fondamento dalle cose secondarie, proprio perché imprigiona la libertà della parola nel modo di metterla in pratica. Così la parola viene accolta nella misura in cui conferma il mio modo di metterla in pratica. Questo mio modo diventa il vero canone di verità. Ecco il settarismo.

C'è poi la possibilità di camminare all'interno del sentiero della Parola, non deviando né a destra né a sinistra. Questa è la via del discepolato. Il dialogo con Dio, l'ascolto della sua parola, la preghiera, il cammino gioioso e duro verso di lui, in una vita che vuole essere conformata e riformata alla scuola della sua parola di verità e di vita. Ma la parola "discepolato" è cugina, o forse addirittura sorella della parola "disciplina". Una disciplina che riconosca sempre di più a Dio e alla sua parola il solitario primato sulla nostra vita e allo stesso tempo che eviti di ridurre e di assimilare la sua verità nei ristretti termini della nostra comprensione e della nostra percezione. Esiste quindi una terza via tra lo sbracamento e la caserma. Una via stretta, in cui la libertà della parola di Dio diventa libertà del suo ascolto e della sua pratica zelante e autentica, ma mai certificante e assoluta. La via del discepolato e della disciplina.

 
   
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