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IL VANGELO OGGI
 
Un buon sermone
di Paolo Ricca

Tratto da Riforma del 29 aprile 2005

«Predica la Parola, insisti a tempo e fuor di tempo»
(II Timoteo 4/2)

È stata una buona predicazione quella con la quale il nuovo papa ha inaugurato il suo pontificato. Buona è stata la sua omelia per due ragioni. La prima è che il suo è stato un discorso affermativo, propositivo, persino gioioso, senza i soliti lamenti sul mondo che va male. L'Evangelo è una buona notizia, e la bontà dell'Evangelo è più importante, per un cristiano, di qualunque altra considerazione. La volontà di Dio è un giogo che non pesa, anzi riempie la vita di senso, di valore e, appunto, di gioia. La seconda ragione è che la sostanza del discorso è stata un bell'annuncio di Cristo (miracolosamente non c'è stata questa volta nessuna invocazione di Maria, neanche in chiusura): Gesù è il vero e unico "buon pastore" dell'umanità, lui che è venuto a cercare la pecora perduta, caricandosela sulle spalle.

Ma non intendo parlare dell'omelia, che comunque deve essere considerata un buon inizio. Desidero invece fare una semplice nota a margine, che riguarda un po' il discorso, un po' la cerimonia. La nota è questa. Nel corso dell'omelia, il pontefice ha spiegato ampiamente i due simboli del cosiddetto "ministero petrino", che la tradizione cattolica romana identifica, come è noto, con quello di vescovo di Roma (con le sue prerogative esclusive), dando per scontato quello che non è affatto sicuro, anzi è improbabile e comunque storicamente non dimostrato e presumibilmente non dimostrabile, e cioè che l'apostolo Pietro sia effettivamente venuto a Roma, sia diventato vescovo della città e vi abbia subito il martirio.
I simboli della funzione papale, ci è stato spiegato, sono due. Il primo è il pallio, cioè una sciarpa ("stola" nel linguaggio liturgico) di pura lana, ornata di croci posta sulle spalle del pontefice: simboleggia il giogo leggero di Cristo, che però può comportare la croce. Il secondo è l'"anello del pescatore", collegato in qualche modo alle due pesche miracolose narrate negli Evangeli (Luca 5, 1-11 e Giovanni 21, 1-14), benché in questi due racconti non si parli di anelli. Comunque l'anello simboleggia il compito dei pastori, di ogni cristiano e della chiesa tutta di "prendere il largo e calare le reti" (Luca 5, 4), cioè di annunciare e testimoniare Dio in Cristo, nella fiducia che egli "tragga a sé" (Giovanni 12, 32) uomini e donne del nostro tempo.

C'era però, bene in vista, un terzo simbolo della funzione papale, del quale il papa non ha parlato: il trono sul quale egli sedeva e davanti al quale un gruppo di persone prescelte in rappresentanza dell'intera Chiesa cattolica romana ha prestato, in ginocchio, l'atto di "ubbidienza". Ecco dunque la nota a margine, che in realtà è una serie di domande: che cos'è quel trono ? È proprio un trono? Se lo è, come sembra, quale ne è la provenienza e quale la natura? Chi mai ha potuto immaginare l'apostolo Pietro seduto su un trono? C'è posto per un trono nella comunità di Gesù?

 
   
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