Siamo chiamati a riflettere sul documento approvato dall'assemblea
generale dell'Alleanza mondiale tenutasi ad Accra, un vero grido d'allarme
e di denuncia di un modo di vivere che provoca ingiustizia e povertà,
al quale bisogna in qualche modo porre rimedio, prima che sia troppo tardi.
Trovare soluzioni perché non esista più il divario tra i
popoli del Sud e del Nord del mondo che fa sì che da una parte
si muoia di fame e dall'altra ci sia uno spreco di 4.000 tonnellate di
alimenti al giorno solo in Italia, non è facile e certamente ci
fa sentire impotenti. Guardandoci intorno, però, scopriamo che
ci sono da alcuni anni, ormai, dei gruppi di cittadini che provano a incidere
in modo diverso nell'organizzazione dell'economia mondiale.
Esistono più di 150 gruppi di acquisto solidali (Gas)
solo in Italia. La richiesta di prodotti del "commercio equo e solidale"
e del biologico è aumentata e così anche le catene dei grandi
supermercati hanno sui loro scaffali merci con il marchio "TransFair",
"bio", coltivati a lotta integrata. L'apertura della Banca etica
ha fatto sì che altri istituti di credito creassero dei fondi di
investimento etici. Le campagne di boicottaggio verso alcune multinazionali
hanno inciso sul loro modo di proporsi al pubblico, e così una
catena di fast food ha inserito nei suoi menu verdure e insalate, una
nota marca di abbigliamento sportivo si è autodenunciata e ha ammesso
che nelle sue aziende ci sono stati abusi ripetuti, maltrattamenti, offese
dei diritti dei lavoratori. Essere custodi della nostra Terra, oggi, vuol
dire essere informati. Conoscere quali sono le ingiustizie del mondo,
collegare la guerra civile che dilania la Repubblica democratica del Congo
dal 1998 ai suoi giacimenti di coltano, essenziale all'industria elettronica
e spaziale e non solo a delle rivalità etniche, per esempio. Essere
custodi della nostra Terra vuol dire sentirsi responsabili del bambino
in Costa Rica costretto a raccogliere le banane che arrivano sulle nostre
tavole, invece di andare a scuola, vuol dire chiedere che le medicine
arrivino.
Vivere nella parte del mondo più ricca che si sta
impoverendo, che incomincia a capire che le leggi del mercato non guardano
in faccia a nessuno e che con noncuranza si lasciano a casa padri e madri
di famiglia per aprire nuove produzioni dove la manodopera costa meno,
ci porta a riflettere che un nuovo modo possibile di gestire l'economia
deve esistere, che non è solo il profitto che conta, ma la dignità
degli esseri umani, la possibilità per tutti di esprimere le proprie
capacità e le proprie attitudini senza distinzione di razza, colore,
religione, sesso, lingua come recita la Dichiarazione dei diritti umani.
Sta a noi vigilare contro lo sfruttamento delle persone e dell'ambiente
non per inseguire un'utopia di un mondo perfetto, ma per realizzare il
nostro compito di custodi della Terra per affidarla ai nostri nipoti ai
quali dobbiamo rendere conto. |