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IL VANGELO OGGI
 
Rosarno: non dobbiamo tacere!
di Gianni Genre

«E tutte le genti saranno riunite davanti a lui ed egli separerà gli uni dagli altri...»
(Matteo 25, 32)

I fatti drammatici di Rosarno stanno mostrando ancora una volta, in tutto il mondo, i tanti volti del nostro Paese: ovviamente quello della malavita, che rimane l’unico soggetto a gestire l’immigrazione, ma anche quello dell’indifferenza silenziosa e – spesso – connivente.
Tutto ciò che è accaduto e che probabilmente accadrà anche altrove era largamente prevedibile. Tutti sapevano e sanno che la schiavitù porta sempre a momenti di rivolta. Di schiavitù, infatti, si tratta per quelle migliaia di uomini cui è stata tolta ogni dignità umana e ogni diritto, per quelle persone che lavorano dodici, quindici ore al giorno per 15-20 euro e sono costrette a vivere in condizioni subumane, ammassate in baracche di fortuna e poi diventate bersagli mobili per chi ha voglia di esercitarsi alla caccia.

Sono personalmente perplesso rispetto agli appelli che sono giunti in questi giorni da parte un po’ di tutti, anche delle chiese di tutte le diverse confessioni cristiane, che stigmatizzano il ricorso alla violenza. È infatti evidente che la violenza è sempre portatrice di altra violenza, ma che cosa possono fare gli schiavi di oggi per gridare il senso del loro dolore se nessuno li ascolta? Per quanto tempo, vergognosamente ricattabili come sono, dovranno ancora subire ogni sorta di sopruso perché qualcuno si faccia carico della loro situazione?
I responsabili, come sempre, cercano capri espiatori da utilizzare anche questa volta in modo strumentale, al fine di nutrire l’atteggiamento cinicamente demagogico dei diversi soggetti politici. Sono molti i responsabili: non solo chi dovrebbe, a tutti i livelli, rappresentare lo «Stato» ed è invece del tutto assente, ma anche i sindacati, i «partiti», le chiese, le «persone di buona volontà». Nessuno in questi anni ha insistito nel chiamare gli ispettori del lavoro e nel denunciare senza sosta ciò che stava succedendo, mentre le cosche della ‘ndrangheta si impadronivano di quel mercato di carne umana da sfruttare.

Il grande affresco di Matteo 25 sul giudizio finale ci ricorda che saremo giudicati anche come nazioni, come popoli, collettivamente. Ci sarà chiesto della nostra gestione della giustizia sociale, del ruolo che abbiamo giocato come europei e italiani nell’economia e nella politica mondiale per assicurare pane, giustizia e libertà. Ci verrà chiesto conto, soprattutto, del silenzio assordante di chi sapeva e vedeva e non ha parlato, non ha denunziato ciò che stava succedendo, avallando di fatto una situazione conosciuta da tutti. E l’imbarazzo sarà grande e doloroso...
Stiamo attenti dunque, non accontentiamoci di ciò che ci viene riferito dai mezzi di comunicazione «ufficiali», ma proviamo a parlare e ad ascoltare soprattutto la voce di coloro che voce non hanno. Don Lorenzo Milani diceva cinquant’anni or sono che i cristiani dovrebbero cercare di restituire la parola ai poveri. Mi sembra che questo sia oggi un compito, una vocazione, un programma essenziale e possibile, anche e forse anzitutto per le nostre piccole chiese.

Tratto da Riforma del 15 gennaio 2010

 
   
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