Lionel Jospin frequentò con regolarità la Scuola domenicale di Meudon, cittadina a pochi km da Parigi, dove per lunghi anni abitò e morì Céline, uno dei più influenti e discussi scrittori del secolo scorso, autore di quel Viaggio al termine della notte che descrive come pochi altri le contraddizioni dell’uomo del XX secolo. Forse per la sua rigida educazione protestante, che gli viene dalla tradizione ugonotta cui la famiglia appartiene, molti lo hanno sempre considerato un moralista, coerente, esigentissimo con se stesso prima che con gli altri, pronto sempre ad assumere – a qualunque prezzo – la propria responsabilità personale. L’anziana madre, dopo avere perso la fede lungamente custodita e nutrita, assediata dalla paura di dover dipendere completamente dagli altri, decise di prendere congedo dalla vita con piena consapevolezza e la storia di questa morte scelta è raccontata con infinita delicatezza e amore dalla figlia scrittrice, Noëlle Chatelet, sorella di Lionel.
La sera del 21 aprile 2002, candidato all’Eliseo nella sfida a Chirac, dopo aver saputo che la destra xenofoba di Le Pen lo aveva di poco superato e che non avrebbe avuto accesso al ballottaggio, si assunse la piena responsabilità della sconfitta dei socialisti e lasciò la politica attiva. Ai suoi sostenitori disse: «Io ero all’appuntamento, ma gli altri (i francesi) non c’erano…». In questi giorni, mentre l’Italia discute sull’opportunità di riabilitare l’on. Bettino Craxi a dieci anni dalla morte, in Francia esce una sorta di autobiografia: Lionel racconta Jospin dove «il miglior primo ministro della V Repubblica» (il giudizio non è mio, ovviamente, ma di numerosi politologi francesi) racconta la sua vicenda personale e politica, ma soprattutto parla della sua visione del mondo di oggi, dell’amicizia e della solitudine, della forza del socialismo, della priorità dell’etica nell’impegno politico. Contemporaneamente la televisione gli dedica una sorta di documentario in due serate.
Jospin non si tira indietro: boccia senza appello l’attuale inquilino dell’Eliseo, Sarkozy, ma non mancano le critiche a molti dirigenti del Partito socialista francese che appare sempre più diviso e sterile dal punto di vista delle idee. Jospin non rimpiange nulla, pur ammettendo i suoi errori, a cominciare dall’aver sopravvalutato il suo operato e la bontà delle sue battaglie: in particolare la settimana di 35 ore e il diritto di voto per gli immigrati. L’impronta protestante, nonostante l’ateismo dichiarato, si riconosce nell’austerità assoluta e invano camuffata. Qualcuno ha scritto, nei giorni scorsi: «Jospin è forse davvero l’ultimo dei Mohicani. Rappresenta infatti una forma di azione, di rapporto fra il dire e il fare che è in via di estinzione».
Insomma, la dimensione della fede non si trasmette, si può solo testimoniare, ma una seria educazione protestante lascia traccia. E a volte, ancora oggi, fa la differenza.
Tratto da Riforma del 29 gennaio 2010 |