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IL VANGELO OGGI
 
Ritrovare il coraggio dei profeti
di Renato Maiocchi

«Cercate il bene della città (...) poiché dal bene di questa dipende il vostro bene»
(Geremia 29, 7)

L’inquietante vicenda della Fiat di Pomigliano ci ricorda, bruscamente, che a monte del caso specifico c’è, a livello mondiale, un eccesso di produzione, che scatena la guerra senza quartiere fra i big dell’auto e toglie spazio alla (buona o cattiva) volontà negoziale delle parti. È un film già visto in altri settori, dalle quote latte alla distruzione della frutta, ai dazi sulla produzione agricola dei Terzo Mondo per difendere la nostra. Keynes ha chiamato questa situazione assurda «la malattia del produrre per produrre»: abbiamo la capacità di produrre beni fondamentali sufficienti per tutti e invece ci affanniamo a inventare senza sosta cose nuove.

D’altra parte, dopo il tragico fallimento del «socialismo reale» domina il pensiero economico unico: «la ricerca del profitto è l’unica molla che alla fine (!) produce progresso e benessere». Quindi, se gli investimenti per portare cibo e acqua in tutto il mondo rendono poco, spingiamo i cellulari, i televisori, i navigatori verso la terza, quarta o quinta generazione, e se non li compriamo ci addossano la responsabilità della recessione e della disoccupazione. Questa dottrina ha persino una sua base teologica. Il padre della moderna economia liberista, Adam Smith, era anche professore di «teologia naturale»: Dio ha creato il mondo come fa un orologiaio, gli ha dato la carica e ora esso cammina da sé. L’uomo è un bartering animal, un animale votato al baratto, quindi il mercato libero da ogni vincolo è il solo conforme alla sua natura.

Un deismo di questo genere ha poco a che fare con il Dio della Bibbia, che non sta a guardare come funziona (o si rompe...) il suo orologio ma ama, discute, rimprovera, stipula dei patti. È un Dio che parla «attraverso i suoi profeti e negli ultimi tempi per mezzo del suo Figlio» (Ebrei 1, 1); e mentre la teologia naturale lo confina fuori dalla storia e dall’economia, ha molto da ridire proprio su certe tendenze «naturali» dell’uomo. Per bocca di Ezechiele (28, 16) fulmina il principe di Tiro («per l’abbondanza dei tuoi commerci tutto in te si è riempito di violenza»); per bocca di Gesù lancia il sospetto che «ogni ricchezza puzza di ingiustizia» (Luca 16, 9 – Tilc) e per bocca di Paolo arriva a dire che «l’amore del denaro è radice di ogni sorta di mali» (I Tim. 6, 10). Lungo tutta la Bibbia chiunque può scoprire, scrive il teologo francese Jacques Ellul, che «mentre nell’economia di mercato vige la legge della mia sopravvivenza, nella Bibbia vige la legge della sopravvivenza del più debole»: cibo e acqua per tutti, prima di investire milioni per ridurre di 10 grammi il peso dei cellulari...

Di fronte agli attuali sconquassi del liberismo selvaggio (sarebbe questo il benessere per tutti, con il Fondo monetario internazionale che preconizza 30 milioni di nuovi disoccupati?) le chiese cristiane, che troppo facilmente ne hanno accettato – e spesso anche praticato! – la filosofia, dovrebbero ritrovare tutte insieme la forza e il coraggio dei profeti. Questa sarebbe davvero una bella sfida ecumenica per il nostro tempo!

Tratto da Riforma del 9 luglio 2010

 
   
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