«46 E Maria disse: "L'anima mia magnifica il Signore, 47 e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore, 48 perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva. Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata, 49 perché grandi cose mi ha fatte il Potente. Santo è il suo nome; 50 e la sua misericordia si estende di generazione in generazione su quelli che lo temono. 51 Egli ha operato potentemente con il suo braccio; ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore; 52 ha detronizzato i potenti, e ha innalzato gli umili; 53 ha colmato di beni gli affamati, e ha rimandato a mani vuote i ricchi. 54 Ha soccorso Israele, suo servitore, ricordandosi della misericordia, 55 di cui aveva parlato ai nostri padri, verso Abraamo e verso la sua discendenza per sempre"».
L’Avvento è nelle chiese cristiane il tempo che prepara Natale. Solo l’evangelista Luca dedica alcune pagine a questo periodo della storia sacra. Lo fa intrecciando le vicende di due donne Maria e Elisabetta. Luca 1:39-56.
Abbiamo visto come in casa di Elisabetta Maria dica la sua fede; non lo fa con un lungo discorso ma con una poesia; la si conosce con le parola d’inizio:«magnificat anima mea...», «l’anima mia magnifica il Signore...». Quale sia il senso di queste parole d’inizio abbiamo detto nella riflessione di domenica scorsa; vediamo ora più in dettaglio il contenuto di questa poesia. Non si tratta di un discorso spirituale, di una riflessione, ma di una testimonianza in cui Maria esprime ciò che sente, la sua esperienza. Si tratta però di una testimonianza molto particolare.
Un primo fatto colpisce: delle circa 200 parole che costituiscono il tessuto di questa poesia più di un’ottantina risultano copiate. Nel Magnificat dunque Maria dice la sua fede ma lo fa assemblando versi altrui e parole sue. Si tratta dunque di un componimento poetico singolare. Trattandosi di una poesia ebraica, cioè di un salmo, si potrebbe addirittura parlare di una canzone perché nella tradizione di Israele molti salmi erano cantati, una canzone di cui lei è autrice , come un cantautore odierno che compone una sua canzone utilizza canzoni quelle altrui intercalando parole sue.
Da dove trae questi pensieri, questi spunti di riflessione? Dai suoi ricordi d’infanzia, dalle poesie che ha imparato e memorizzate, come era abitudine allora e fino a tempi recenti anche nelle nostre scuole. Le tornano in mente ora, come a noi tornano i mente di fronte ad un paesaggio versi di Leopardi e di Montale.
E quale poema le torna in mente, anzi le si impone, quale classico del suo patrimonio poetico? Il cantico di Anna, la madre di Samuele, il grande profeta che chiude l’epoca dei giudici e apre quella dei re. Sposa senza figli, condannata all’umiliazione e alla solitudine si recava annualmente al santuario di Sciloh chiedendo a Dio una prole. Esaudita con la nascita di Samuele lo allevò fino allo svezzamento per affidarlo poi al vecchio sacerdote Elia perché servisse il Signore; in quella circostanza, quando si separava da lui, espresse la sua fede con un salmo che si apriva con le parole: «Il mio cuore esulta nel Signore...».
Elisabetta e Maria, hanno conversato insieme di tutto, di sé e delle loro creature che saranno votate alla missione profetica, ed è inevitabile che irrompa nella loro casa il poema dell’antenata che canta la potenza e la misericordia del Signore «che fa vivere e fa morire», «che fa partorire sette volte la sterile» e «rialza il misero dalla polvere per farlo sedere con i principi...».
Maria però non si limita a recitare il componimento di Anna ad appropriarsi delle parole antiche, a farle sue, come chi canta oggi una canzone di De Andrè; il magnificat è più che un arrangiamento del cantico di Anna, è un nuovo poema, è una sua professione di fede. Se la trama del discorso è dato dalle parole antiche quelle che lei aggiunge esprimono la sua esperienza.
L’ "ancella" la ragazza "beata", a cui Dio "ha guardato", non è Anna, è lei, e "la bassezza", cioè la pochezza, la miseria della vita a cui Dio dà una nuova prospettiva è la sua attuale condizione.
Un cristiano non inventa linguaggi nuovi, lo fanno solo i profeti e accade di rado, ma neppure si limita a ripetere, lo fanno i bigotti e accade spesso; fa come Maria, che non è profetessa ma semplice credente esemplare in questo: ridice la fede del popolo di Dio con parole sue.
2 dicembre 2010 |