«29 "Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; 30 perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, 31 che hai preparata dinanzi a tutti i popoli 32 per essere luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele". 33 Il padre e la madre di Gesù restavano meravigliati delle cose che si dicevano di lui. 34 E Simeone li benedisse, dicendo a Maria, madre di lui: "Ecco, egli è posto a caduta e a rialzamento di molti in Israele, come segno di contraddizione 35 (a te stessa una spada trafiggerà l'anima), affinché i pensieri di molti cuori siano svelati"».
(Luca 2, 29-35) |
E’ la conclusione del famoso cantico di Simeone: Dopo aver detto che lì, nel bambino che Maria e Giuseppe presentano al tempio, riesce a trovare la sua pace e a vedere la salvezza che è preparata per tutti, il vecchio sacerdote prende in braccio il neonato Gesù e ringrazia Dio perché lì, in quel bambino, riesce a vedere la salvezza che è preparata per tutte le genti. Ora può andarsene in pace. Egli vede ciò che ha atteso tutta la vita e la sua esclamazione stupisce tutti: "I miei occhi hanno visto la tua salvezza" Simeone vede ciò che non c’è ancora, ciò che non si può vedere e in questo modo annuncia, come un profeta, il senso della incarnazione e lo fa in una parola rivolta a Maria.
Egli sarà segno di contraddizione, e per molti sarà occasione di caduta, per molti altri di redenzione e lei stessa sarà trafitta dal dolore come da una spada. E’ impressionante il concentrato di durezza e di visione: siamo già qui all’anticipazione della croce? E che vuol dire che la salvezza si manifesta nella contraddizione?
Queste parole consentono pensieri nuovi, meno astratti, sulla salvezza, sul Salvatore: egli è colui rispetto al quale si svelano i cuori, si palesa una scelta, non si resta indifferenti. E la salvezza consiste nel togliere l’indifferenza dalla vita di ognuno. Questo vuol dire "un segno di contraddizione": uscire dall’indistinto ed essere posti di fronte ad un’alternativa. Uscire dal pensiero magico per cui la salvezza è il lieto fine di una vita, ciò che appare quando tutto è finito. La salvezza, nel cristianesimo, è uscire dal fatalismo e dall’indifferenza, e sapere che qualunque cose accada, in qualunque situazione ti vieni a trovare, anche se non vedi altro che innocenti senza potere, come un neonato di una famigliola qualunque, come le facce smarrite di vecchi che nessuno consulta più, come l’umanità migrante che deve reinventarsi la vita in mezzo a estraneità e fatica, lì ci sarà in nuce la possibilità di vedere un’altra realtà, la crisi di ciò che vedi e la certezza di una porta aperta nel cielo che illumina la vita.
Questo sguardo che vede oltre ci parla di Cristo come giudizio e salvezza. Da qui parte un pensiero critico, la forza e la capacità di credere in quello che non si vede e di sperare contro speranza. Il Signore è lì, ci somiglia nell’impotenza, prende per suo lo smarrimento e la sconfitta, vive e muore come un uomo, per rialzarci, per accogliere chi lo invoca, per portare compassione e misericordia nel mondo. La sua presenza è per tutti come segno di contraddizione, come presenza che disvela, che dà luce alla realtà, mostrando quel che ancora non si vede. La sua presenza rende in prima persona gli uomini e le donne consapevoli e salvi. |