Conosciamo tutti la parabola di Gesù, il cui protagonista, baciato da una fortuna molto più grande di quel che avrebbe mai sperato, una raccolta di messi così abbondante da rendere insufficienti i granai già in uso, progetta di costruirne di più capaci e pregusta una lunga vita piena di agiatezze e priva di preoccupazioni. Sembra quasi di vederlo, gli occhi spalancati, le mani e le braccia affondate nell’enorme massa di grano raccolta, e poi mentre si frega le mani e traccia il programma dei suoi giorni futuri...
Ci sono stati in ogni tempo, e ci sono anche oggi, nababbi che nuotano nell’oro e non conoscono affanni. Nababbi che stanno bene in guardia per evitare che gli affanni altrui possano tur- bare la loro gioia o mettere in questione la loro serenità. Oggi, forse, queste persone non sono tanto dei latifondisti, quanto persone che, sapendo bene qual è la ricchezza che si può conservare e accrescere nel tempo, prediligono «il mattone», e si assicurano case e palazzi, quando non trovano chi li ceda loro a prezzo scontato o addirittura li regali loro, tanto nel proprio paese quanto in altri, dove essi sono bene accolti come portatori di lavoro e di benessere.
Abbiamo sentito qualcuno affermare: se fossi costretto a lasciare il lavoro e andare a casa, in verità non saprei dove andare, perché di case ne ho diverse... È difficile immaginare che queste persone si lascino sfiorare dalla preoccupazione per chi, per assicurare un tetto sulla testa propria e su quella dei figli, si fa occupante abusivo di una casa, o, se non ci riesce, si «sistema» in una roulotte, piazzata in un accampamento dal quale prima o poi la polizia lo caccerà, perché le aree così degradate vanno restituite al decoro e alla civiltà. Ma a queste contraddizioni la vita ci ha assuefatti, e le viviamo tra la rassegnazione e l’indifferenza (tanto, noi che ci possiamo fare?); e se ci capita di incontrare qualcuno che condivida la saggezza dell’apostolo Paolo e viva in maniera sobria e solidale perché «non abbiamo portato nulla nel mondo, e neppure possiamo portarne via nulla» (1 Tim 6, 7), un po’ lo ammiriamo e un po’ lo consideriamo fuori di testa.
Torniamo al protagonista della parabola. Nell’orizzonte dei suoi pensieri e dei suoi progetti non si trova assolutamente nulla che somigli a un barlume di gratitudine verso il Signore che ha fatto fruttificare la sua campagna oltre misura; e non c’è la più piccola percezione del fatto che possano esserci persone meno fortunate di lui, che riceverebbero una mano di aiuto come una manna di cui essere riconoscenti per sempre... È un uomo che si tiene lontano da Dio e lontano dal suo simile. È un uomo solo, che ha per sé soltanto la compagnia di se stesso e della sua ricchezza. Che pena!
Tratto da Riforma del 5 novembre 2010 |