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IL VANGELO OGGI
 
Cristo condivide la nostra sofferenza
di Agostino Garufi

«Quando furono giunti al luogo detto "Il Teschio", vi crocifissero lui e due malfattori, uno a destra e l’altro a sinistra» (Luca 23, 33)

«Gli undici e quelli che erano con loro dicevano: "Il Signore è veramente risuscitato ed è apparso a Simone”» (Luca 24, 34)

Durante la quaresima ogni anno noi cristiani riflettiamo in particolare sulla passione del Signore e Salvatore Gesù Cristo: passione nel senso del patire e quindi delle sofferenze che egli affrontò specialmente a partire da quella sera dopo la sua ultima cena fino alla sua morte in croce, per amore nostro e la nostra redenzione.
Pensando alla realtà della sofferenza, mi viene in mente quanto di solito dicono certe persone pie quando fanno questa dolorosa esperienza o la vedono in altri: affermano che le sofferenze sono una partecipazione nostra a quelle di Cristo e accettano di sopportarle e condividerle con lui, per amor suo, pensano che ciò sia meritorio e che sarà ricompensato da Dio.

L’Evangelo invece dice il contrario di quest’idea: che è stato lui, giusto e innocente, a volere liberamente accettare di condividere le nostre, rendendosi così solidale con tutti i sofferenti. Questo a me sembra chiaramente mostrato nella scena del Golgota, dove Gesù è stato crocifisso in mezzo a quei due crocifissi, dove non sono stati loro ad accettare di partecipare ai suoi patimenti, ma lui a condividere i loro!
Stando così le cose, non c’è da pensare a meriti che si acquisiscano col sopportare le varie tribolazioni della vita, ma c’è soltanto da ringraziare e lodare Dio che, per il suo amore misericordioso, in Cristo si è fatto Emmanuele, cioè "Dio con noi", pure nelle nostre afflizioni e nella nostra morte, per liberarcene pienamente.

Ma come ce ne libera? Esattamente come ha liberato colui che ha fatto le nostre stesse esperienze angosciose fino a morire come noi. Infatti Dio lo ha liberato risuscitandolo a vita nuova, gloriosa e immortale! Perciò la risurrezione di Gesù Cristo, avvenuta "veramente" - come ne testimoniano coloro che ne sono stati resi così certi da affrontare persino il martirio per affermarla - è il grande pegno di Dio che ci assicura che quanto ha già fatto per Cristo lo farà immancabilmente anche per noi.
Questa è la Parola che Dio ci rivolge in Cristo, una Parola "incarnata" nella sua persona, in tutta la sua vicenda umana e nella sua risurrezione.

Davanti a questa Parola ci sono due atteggiamenti diversi, rappresentati da quei due uomini crocifissi: uno è quello dello scandalizzato e ribelle che inveisce contro Gesù: "Se tu sei il Cristo, salva te stesso e noi"; l’altro è quello umile, altrettanto crocifisso e sofferente quanto il primo, che riconosce le proprie colpe, non inveisce, ma si rimette alla misericordia di Cristo che rivela quella del Padre. A questo Gesù dice: "Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso". Credo che Gesù avrebbe detto queste parole anche all’altro, perché è morto in croce per salvare pure lui. La sola differenza è che costui, pur essendo oggetto della misericordia e del perdono di Dio in Cristo quanto l’altro, non credendolo, muore disperato; mentre l’altro muore nella stupenda consolazione della fede e della speranza.
A quale delle due esperienze vorremmo che corrispondesse la nostra in vita e davanti alla morte? Dipende solo da come effettivamente vediamo, valutiamo e accogliamo il fatto della croce e della risurrezione di Cristo in relazione con i guai nostri e degli altri esseri umani.

 
   
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