"La Parola è diventata carne ed ha abitato per un tempo tra noi, e noi abbiamo contemplato la sua gloria" (Giovanni 1,14)
I nostri tempi ci annunciano un Natale poco glorioso. Ed è tale se ci fermiamo alla festa fatta di luci e di consumi a cui gli ultimi decenni ci avevano abituati. Crisi. recessione o addirittura depressione sono parole che comunicano ansia e che sembrano dire: "la festa è finita!"
In quanto cristiani sappiamo che a Natale non c'è nulla di tangibile da festeggiare, ma c'è il ricordo vivente di un evento importante: la venuta di Gesù. Il vangelo di Giovanni parla di questa venuta contrapponendo i due termini parola e carne. Nella nostra cultura occidentale la prima è generalmente considerata effimera, spesso inaffidabile, facile da rinnegare, mentre la seconda appare molto più concreta.
La grandezza della venuta di Cristo risiede nel fatto che carne e parola non vengono contrapposte. Dio che è la Parola di vita eterna ha voluto avvicinarsi a tutti e tutte noi, fatti di carne e di sangue e lasciarci una speranza: oltre la nostra carnalità, c'è l'amore, il suo amore per noi.
In questa prospettiva la Parola assume una concretezza infinita e ci ricorda che la nostra vita, lei sì effimera, transitoria, e destinata a morte, è stata afferrata da Dio. La nostra umanità è ora proiettata nella dimensione eterna di Dio, grazie alla venuta di Cristo, un piccolo bambino, fragile carne, che è diventato quella Parola che ha sconfitto la morte. |