«23 Gesù gli rispose: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola; e il Padre mio l'amerà, e noi verremo da lui e dimoreremo presso di lui. 24 Chi non mi ama non osserva le mie parole; e la parola che voi udite non è mia, ma è del Padre che mi ha mandato. 25 Vi ho detto queste cose, stando ancora con voi; 26 ma il Consolatore, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto quello che vi ho detto. 27 Vi lascio pace; vi do la mia pace. Io non vi do come il mondo dà. Il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti.»
Hans Magnus Enzensberger è uno scrittore, filosofo e poeta tedesco che ha pubblicato alcuni anni fa Il perdente radicale, Einaudi 2007. Il perdente radicale è la persona che ha perso le sfide della vita. E' l'uomo aggressivo, pieno di rabbia e rancore che non sapendo vivere nelle contraddizioni del mondo, perché troppo pesanti, ha deciso di distruggere quelli e quelle a lui vicino e gli odiati, generici, altri. Usando lo strumento semplice dell'assassinio individuale o di massa, il perdente radicale è il padre che stermina la sua famiglia, è il vicino di casa che con la moglie accoltella quelli che vivono sullo stesso pianerottolo perché hanno bambino di tre anni che piange e da' fastidio, è il tifoso che uccide il poliziotto o l'allenatore per una partita di calcio, è il nazista che si stringe attorno a Hitler nel bunker di Berlino negli ultimi giorni della sconfitta del Reich, è il kamikaze che è impegnato, con il suo suicidio, a distruggere un'altra civiltà considerata nemica, è lo sterminatore che sbarca su un'isola e compie una strage di quelli che appartengono al partito politico opposto al suo. Il perdente radicale è quello che dopo aver visto in televisione il poliziesco americano gioca al tiro a segno con gli umani, è quello che pensa e sé come il vendicatore che non ha nulla da perdere, perché tutto ormai è già perso.
Il/la perdente radicale, per estensione, è anche chi ha perso la speranza e si muove nel mondo con fare distruttivo, senza interesse, senza responsabilità, senza amore. La crisi economica, quella del lavoro, quella dell'emergenza meteo, quella delle relazioni affettive, si confondono e amalgamano rinforzando l'auto commiserazione. Si forma così il diritto a demolire il valore dell’altro/a, chiunque esso sia: la moglie, il figlio, il governo, il caporeparto, il direttore amministrativo, l'avversario politico...Cresce così la rabbia, il senso di sconfitta e si finisce per vivere un'esistenza dannata. Senza tregua, senza respiro, senza senso, il peso della vita appare insopportabile e insostenibile. Il/la perdente radicale è quello tra noi che non vede la vita accompagnata né dalle altre e gli altri e ancor meno dalla fiducia della fede in Cristo. Non riesce a vedere né il presente, né il futuro in compagnia di Dio e dell'umanità. Si sente protagonista solitario di un'odissea senza né capo né coda, senza logica, né sentimento, diventando così martire, in fondo, di se stesso.
Gesù conosce il peso della vita, di ogni vita, ed è per questo che dona due cose ai discepoli, cioè alla comunità cristiana nel suo insieme, e quindi anche a noi:
la prima: “ Vi do la mia pace...il vostro cuore non sia turbato e non si sgomenti”.
La pace è il dono che soltanto un re può fare al suo popolo e si tratta non della pace in cui egoisticamente ciascuno desidera chiudersi, lasciando fuori il mondo, dai propri pensieri e dal proprio orizzonte. Si tratta della pace che viene dalla certezza del perdono e dell’amore di Dio, che viene da quella fiducia, in lui riposta, che ci offre la consapevolezza che le circostanze della vita non possono distruggere in nessun modo il nostro valore, i nostri sogni, i nostri progetti. Non solo, quella pace, può farci vivere in questi tempi scatenati senza essere turbati né sgomenti. Non impermeabili agli avvenimenti o alla storia ma capaci di portarne il peso e le contraddizioni, capaci di agire e di dire la nostra visione del mondo con forza e sovranità.
La seconda cosa che ci viene consegnata è: “Il consolatore, lo Spirito Santo che il padre manderà nel mio nome, vi insegnerà ogni cosa...”.
Dio ha creato l’umanità usando la polvere della terra e le ha soffiato nelle narici il suo Spirito affinché sia possibile, grazie ad esso, avere la capacità e la possibilità di una vita piena, di relazione con lui e con le altre e gli altri. Allo stesso modo, Gesù ha chiamato a sé delle persone, noi tra loro, e soffiando su noi, e loro, lo Spirito Santo ci ha strappato dalla paura dei nostri giorni, dal silenzio, dall’ immobilità, dall’ essere possibili perdenti radicali.
Come Dio, Gesù ci ri-crea, ci chiama alla vita attraverso il dono dello Spirito Santo, quello Spirito che è allora una ripetuta creazione che ci restituisce al mondo forti di quella Parola benedetta, rinnovata, che rende il vivere lieve nonostante la sua intrinseca durezza.
«Ci rimane solo un sentiero molto stretto, spesso estremamente difficile da trovare, per vivere ogni giorno come fosse il nostro ultimo e, ugualmente, vivere secondo fede e responsabilità come se ci fosse un grande futuro.
L'essenza dell'ottimismo non è soltanto guardare al di là della situazione presente, ma è una forza vitale, la forza di sperare quando gli altri si rassegnano, la forza di tenere alta la testa quando sembra che tutto fallisca, la forza di sopportare gli insuccessi, una forza che non lascia mai il futuro agli avversari, il futuro lo rivendica a sé.»
Dietrich Bonhoeffer |