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IL VANGELO OGGI
 
Il Vangelo ci interroga: Apocalisse 6:9-11
di Daniela DI Carlo

«9 Quando l'Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l'altare le anime di quelli che erano stati uccisi per la parola di Dio e per la testimonianza che gli avevano resa. 10 Essi gridarono a gran voce: "Fino a quando aspetterai, o Signore santo e veritiero, per fare giustizia e vendicare il nostro sangue su quelli che abitano sopra la terra?" 11 E a ciascuno di essi fu data una veste bianca e fu loro detto che si riposassero ancora un po' di tempo, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro

La vita spezzata delle adolescenti straniere che abitano in Europa inizia a tredici, quattordici anni, l’età in cui si vedono i primi segni di conflitto con le loro famiglie di origine. Fino all’anno prima potevano vivere una vita da ragazzine come le nostre figlie. Poi, diventa proibito tutto e iniziano, con i propri genitori, le liti sui vestiti, il trucco, le magliette troppo corte, gli amici da frequentare. Le ragazze con il «cervello a metà» crescono su due binari, quello del paese da cui provengono, Marocco, India, Afghanistan... e quello che le ospita, senza sapere quale dei due seguire, finché i genitori decidono per loro e diventano spose bambine. In Europa sono circa 70.000 le spose bambine, in Italia 2.000 e secondo le Nazioni Unite nel mondo musulmano ci sono 60 milioni di “spose bambine”, la cui età è inferiore ai 13 anni. Il marito è sempre un uomo molto più anziano, mai incontrato prima, spesso un parente.

Le 70.000 bambine cresciute in Italia o in Francia scompaiono all’improvviso dalla loro vita quotidiana tornano con i genitori nei loro paesi di origine per le vacanze estive e non fanno più ritorno né a scuola, né nel loro appartamento. Agli amici viene detto che hanno scelto di rimanere con i nonni, con gli zii in Afganistan, India o nello Yemen.
Queste bambine non potranno mai più studiare né guadagnare lavorando, sebbene lavoreranno tutta la vita come bestie. Il loro ciclo di povertà non s’interromperà mai. L’attività sessuale precoce cui sono obbligate, le gravidanze e i parti procurano loro danni terribili, oltre a contagi d’ogni genere. Una volta malate vengono emarginate dai propri mariti e dalle comunità e spesso vivono una vita indegna di questo nome.

Qualche bambina cerca di ribellarsi ma viene picchiata dai genitori e dai parenti che stanno attenti a non colpirle in faccia e sulle braccia perché lì potrebbero vedersi i lividi.
Alcune di loro vengono uccise. Morire nel paese d’origine non impone di essere processati nel paese europeo in cui si lavora e spesso vengono inscenati incidenti domestici che lavano il disonore della famiglia che perderebbe la faccia se lasciasse libera la propria figlia di agire secondo la propria coscienza. Meglio una figlia morta che avere la famiglia disonorata!

Quando ho letto il testo dell’Apocalisse mi è subito venuto in mente il collegamento tra queste bambine uccise ingiustamente e tutti coloro che sono stati uccisi in maniera indegna o perché avevano testimoniato la fede in Dio, come ci dice il testo, o perché semplicemente si erano opposti alla forma di potere che in quel momento storico governava la Palestina.

I morti innocenti, allora come oggi, sono numerosissimi e sapere così come ci dice l’Apocalisse che c’è un posto preciso in cui possono riposare ancora un po’, che sono rivestiti di vesti bianche, mi toglie un po’ di quel dolore sordo e profondo che sale nelle nostre esistenze quando siamo testimoni della atrocità di cui può essere responsabile l’umanità.
Certo chi muore ingiustamente ha un luogo dove riposare ma tutte e tutti sono in attesa, ci dice l’Apocalisse, che il Signore vendichi le loro vite, vite spese per testimoniare una verità grande come quella di coloro che hanno detto che Cristo è l’incarnazione di Dio o piccola come quella della bambina che non vuole sposarsi a 13 anni con un uomo di 60 e non vuole lasciare l’Italia dove è nata e cresciuta per stabilirsi in un piccolo villaggio dello Yemen dove dovrà vivere velata dalla testa ai piedi e morire di parto a 15 anni.

Vendicare le loro vite vuol dire che il Signore, prima o poi, renderà giustizia agli indifesi, agli umili, ai poveri, agli emarginati, ai rifugiati, agli sfruttati ma vuol dire anche che noi per primi dobbiamo collaborare con lui alla liberazione di tutte le creature affinché quando arriverà il momento non si aggiungano morti alle morti innocenti che già sono molte.
L’immagine che l’Apocalisse ci offre di coloro che sono morti ingiustamente è un’ immagine che ci offre tranquillità. Immaginare donne e uomini vestiti di bianco, chiamati ad essere pazienti rispetto a quella giustizia che non hanno potuto ottenere in vita e che li raggiungerà quando il Signore lo vorrà, ci rende in grado di non soccombere di fronte alle manifestazioni di feroce malvagità delle quali è protagonista l’umanità.

Ciò non toglie che oggi dobbiamo sentirci più che mai responsabili delle vite spezzate delle spose bambine, di coloro che vengono uccisi per aver espresso un’opinione critica rispetto al sistema di governo, di coloro che vengono uccisi per poter impiantare parte dei loro corpi su quello di gente ricca, di coloro che vengono uccisi per il proprio orientamento sessuale... le morti innocenti verranno vendicate dal Signore, certo, ma ciò che possiamo fare noi è prevenire che queste accadano denunciando le situazioni che ci sembrano inquietanti e che tolgono la libertà di coscienza ed azione alle persone.

Mentre ci prepariamo alla Pasqua e quindi a ricordare, a ognuna e ognuno di noi, della straordinaria novità che la resurrezione porta nelle nostre vite, non possiamo non soffermarci su ciò che l’ha preceduta. Una morte innocente per eccellenza, quella di Cristo, spiegabile solo attraverso l’odio nei confronti di quella predicazione, la sua, che restituiva all’umanità tutta, importanza e dignità. Apparentemente la sete di controllo sulla vita degli altri, la volontà di annientamento della volontà dei molti dettata dai pochi potenti ha avuto, come sempre, la meglio. In fondo è accaduto ciò che anche oggi succede: trame di potere capaci di disegnare il destino di cittadine e cittadini impotenti, complotti per conservare poltrone e palazzi, ecc. Cristo ha però imposto una variante nella storia umana, la possibilità cioè di cambiare il corso degli eventi, ci ha offerto una prospettiva diversa che va oltre la miseria che possiamo osservare nella nostra quotidianità. Già ora e soprattutto poi, abbiamo la possibilità di nutrirci della speranza della resurrezione che ci motiva e dona la forza per non sentirci più vittime della vita e del male, bensì protagoniste e protagonisti di quel Regno annunciato e assaporato che ci fa amare i nostri giorni nonostante le contraddizioni che essa porta con sé.
Che il Signore ci renda allora capaci di annunciare la sua resurrezione e la sua libertà a coloro che incontriamo.

 
   
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