Perché alziamo gli occhi al cielo?
Sicuramente perché cerchiamo qualcosa che non è alla nostra portata qui, sulla terra.
I discepoli alzano gli occhi al cielo e seguono con rammarico l’ascesa del loro maestro. La speranza rinata dopo la resurrezione di Gesù, l’entusiasmo ritrovato nel constatare il compiersi della promessa di Dio, svaniscono e il mondo torna ad essere quello di prima: buio, solitudine, rassegnazione, dubbio, paura...
Come i discepoli anche noi guardiamo il cielo e cerchiamo i segni di un passato che ci rassicura perché già lo conosciamo e siamo preparati ad affrontarlo. Speriamo, a volte, che qualcosa di questo passato torni e ci liberi dall’ansia dell’ignoto, dall’incertezza, dalla responsabilità del decidere.
Ed è così che, ricordando il passato, immaginiamo il futuro, un futuro migliore in cui la violenza ceda il passo alla solidarietà, in cui ci sia un’equa distribuzione delle risorse, in cui non si debba più lottare per vivere e morire dignitosamente, in cui la giustizia regni...
È vero: guardiamo il cielo per sfuggire al presente, e non ci rendiamo conto che passato e futuro si incontrano proprio nel presente.
È ora il momento di vivere la speranza che ci viene annunciata nel passato e che aspettiamo di veder realizzata nel futuro; è ora il momento di ricordare la fedeltà di un Dio che non torna indietro sulle sue promesse; è ora il momento di sperimentare il sostegno e l’accompagnamento che Dio garantisce; è ora il momento di guardarci attorno, perché oggi il passato diventa futuro. |
