Lo psicoanalista e sociologo Erich Fromm, nel suo libro “La fuga dalla libertà” descrive due stati diversi di libertà: la libertà passiva (da che cosa sono stato liberato) e quella attiva (a che cosa sono stato liberato). La sua tesi è che, nonostante tante liberazioni attuate nella storia, il genere umano non riesce a realizzare la libertà attiva con la conseguenza di “vendersi” la libertà acquistata.
Nel suo libro – che è del 1939 – egli pensava pensa soprattutto al consumismo e al fascismo come fughe dalla libertà ma il discorso vale ancora per oggi.
Uno sguardo alla Bibbia gli da ragione: per il popolo di Israele la liberazione dall'Egitto (libertà passiva) non porta alla libertà attiva: sogna le pentole piene di carne che ha lasciato in Egitto.
L'Apostolo Paolo ai Galati parla dello stesso rischio: Cristo ci ha liberati ( libertà passiva) per essere liberi ( libertà attiva). Il rischio sta in una regressione che riduce la fede nella liberazione attuata da Cristo in un insieme di leggi e regole in cui il credente “svende” la sua libertà facendosi dettare delle regole da altri.
Le chiese valdesi ogni anno il 17 febbraio ricordano la libertà acquisita in quel giorno nel 1848 con le lettere patenti di Carlo Alberto di Savoia. Una libertà concessa in forma di diritti di cittadinanza, dunque libertà passiva, libertà interpretata dai valdesi dell'800 come libertà di evangelizzare l'Italia, cioè attiva. Come tutte le libertà acquisite, anche questa libertà corre il rischio di non essere realizzata attivamente.
Paolo chiede quindi anche a noi credenti: che fai della libertà acquisita che Cristo ti ha acquisita? La vivi o la deleghi ad altri? La attui partecipando attivamente alle liberazioni di cui il mondo attuale ha bisogno o la svendi? |