“In confidenza, io su questa faccenda la penso così e così ... ma intendiamoci: qui lo dico e qui lo nego”. A chi di noi non è capitato di sentir usare questo modo di dire? Un modo di dire che, lo confesso, mi ha sempre irritata. Per un fatto caratteriale, forse; ma credo che la ragione sia più profonda, e abbia direttamente a che fare con la mia fede cristiana. Tutta la Bibbia, infatti, mostra come il Signore richiami costantemente il suo fedele al diritto-dovere di parlare in modo libero, franco, sincero, insomma a ciò che in greco si chiama parresía. Questa esortazione viene rivolta, di norma, in circostanze critiche, in situazioni in cui la parresía, il “parlare liberamente”, può causare fastidi, può mettere in pericolo, può addirittura attirare persecuzione: situazioni come quella, appunto, che stava affrontando Paolo a Corinto.
È ancora la Bibbia a farci capire come dobbiamo intenderla, questa parresía. In primo luogo, come non dobbiamo intenderla. Non, per esempio, come quella sconsiderata e puerile “libertà di parola” che consiste nel dire tutto ciò che ci passa per la testa. Nemmeno come la “libertà” crudele di ferire con battute impertinenti, con frecciate maligne, con allusioni imbarazzanti. No. La parresía è la libertà di parola propria del testimone e del profeta. Non lasciamoci impressionare da queste parole solenni, non diciamo “allora non è cosa per me”; perché tutti i cristiani sono chiamati ad essere testimoni e, sì, anche profeti: persone, cioè, che parlano non a nome proprio, ma a nome di un Altro. Persone che possono parlare liberamente non perché sono libere, ma perché il Signore le liberate, liberate dai loro egoismi, dai loro timori, dalle loro reticenze e messe quindi in grado di parlare non per la propria causa ma per quella del Signore, della Sua verità, della Sua volontà, del Suo regno. Libertà scomoda, certo, eppure ineludibile per tutti coloro che si dicono cristiani e, in fondo, per chiunque, almeno allorché sono in gioco valori fondamentali come, per esempio, l’onestà, la giustizia, i diritti umani. Sempre, anche nelle piccole cose, anche nelle questioni apparentemente di poca importanza.
A essere sinceri, di questa parresía mi sembra di vederne in giro molto poca. Tra i non credenti, ma anche tra i cristiani, anche tra i più devoti e responsabili membri di chiesa, il grande problema è sempre questo: “Che ne sarà di me, se prendo posizione?”. Che il Signore ci insegni, allora, a capovolgere la domanda: “Che ne sarà di questa persona, di questo progetto, di questa chiesa, del compito che Dio mi ha affidato, se io non prendo posizione?”. |