“I giorni sono malvagi”: questa constatazione, purtroppo, la sentiamo sempre attuale. E come potremmo confutarla? Basta che ci guardiamo intorno, che leggiamo i giornali, che seguiamo i notiziari televisivi. Malvagi, questi nostri giorni, non meno di quanto lo fossero i giorni in cui le comunità cristiane muovevano i loro primi passi. Malvagi, in fin dei conti, tutti i giorni della storia: nel senso di giorni vissuti dall’umanità in modo, per lo più, non conforme alla volontà del Signore, giorni segnati dall’ingiustizia e dall’egoismo, dall’odio e dall’indifferenza.
“I giorni sono malvagi” anche per le nostre chiese. Cala la frequenza ai culti, cala la disponibilità a partecipare alle attività comunitarie, a farsi carico di qualche responsabilità. Sempre più difficile che qualcuno se la senta di affrontare la sfida ardua e bellissima del pastorato. I simpatizzanti, anche i più assidui e fedeli, sono riluttanti a fare il passo decisivo, a diventare membri. Sembra che venga apprezzata, la chiesa, solo da chi la guarda dall’esterno e da lontano: la si stima, la si ammira, le si destina anche l’otto per mille, ma dalle sue porte ci si mantiene a rispettosa distanza. Certo, possiamo dare la colpa di tutto questo alla “gente”, alla sua scarsa volontà di impegnarsi, alla sua superficialità, alla sua poca fede; e non avremmo del tutto torto, perché è pur vero che questi nostri giorni, oltre e forse più ancora che malvagi, sono giorni frettolosi, distratti, dispersivi.
La lettera agli Efesini, tuttavia, non ci indica la strada dell’accusa, né quella della recriminazione, né quella del lamento, nemmeno quella del rimpianto dei bei tempi che furono, perché sono tutte strade senza sbocco. L’autore della lettera ha in mente qualcosa di totalmente diverso: ci invita a essere saggiamente pragmatici. Ci dice, in sostanza: i giorni sono malvagi? È vero. E allora? Allora cerchiamo di trarne frutto, da questi giorni malvagi. Cerchiamo di capire come questi giorni malvagi ci interpellino, che cosa vogliano dirci. Ricuperiamo il tempo, cogliamo ogni sia pur minima opportunità che questi giorni malvagi ci offrono – per far cosa? Per puntare una buona volta il nostro sguardo su ciò che davvero conta, sul “come ci comportiamo”. Su come ci comportiamo noi pastori, noi membri di chiesa, noi chiese; su come accogliamo, su come evangelizziamo, su come adempiamo i nostri compiti. Voglia il Signore darci finalmente il coraggio di affrontare di petto, “con diligenza”, quella che da tempo chiamiamo “crisi della chiesa”. Può capitare, allora, che questi nostri “giorni malvagi” finiscano per rivelarsi come “giorni benedetti”. |