“Amen”, “alleluia”. Parole bellissime, che esprimono gioioso e corale assenso all’operato di Dio. “Amen”, in particolare: quante volte la pronunciamo anche noi, questa antica parola ebraica, nelle nostre preghiere, nei nostri culti? Infinite volte, al punto che è inevitabile il rischio di pronunciarla in modo abitudinario, superficiale. Cerchiamo di riscoprire, allora, che cosa davvero significa questa piccola, musicale, apparentemente innocua parola: “amen”. Significa, approssimativamente, “in verità” e, posta a conclusione di una preghiera, implica l’auspicio che si realizzi quanto è stato detto nella preghiera stessa. Dire “amen”, insomma, equivale a dire “sì”, a dare un’approvazione, a consentire a qualcosa che si ritiene buono. Comprendiamo così che dire “amen” non è cosa da poco, da fare distrattamente, a cuor leggero; è cosa, al contrario, estremamente impegnativa, perché dicendo “amen” noi prendiamo posizione, dichiariamo solennemente: “Sì, a questo acconsento, questo spero si avveri”.
A che cosa ci conduce questa consapevolezza? Innanzitutto, a evitare ogni automatismo. Nella nostra partecipazione ai culti e agli incontri di preghiera, che il nostro “amen” finale sia dunque non la recita meccanica e svagata di una formula, ma un’affermazione convinta, pronunciata con animo riconoscente e pronta a trasformarsi in un “alleluia” di lode a Dio. Ma se il dire “amen” non è una sorta di riflesso condizionato bensì una scelta, che come tutte le scelte può essere gravida di conseguenze, allora questo ci richiede anche un attento esercizio del nostro spirito critico, ci richiede di vagliare accuratamente gli “amen”, i “sì, sono d’accordo” che escono dalla nostra bocca, nella nostra vita di chiesa come nella nostra vita di tutti i giorni. Troppi, temo, sono gli “amen” (e i conseguenti “alleluia”) che pronunciamo senza convinzione, solo perché è quanto ci si aspetta da noi, per quieto vivere, per non attirarci antipatie, per non dispiacere a chi dispone di un qualche, sia pur minimo e risibile, potere. Non dimentichiamolo mai: l’Unico al quale dobbiamo preoccuparci di non dispiacere, l’Unico incondizionatamente degno del nostro “amen” e del nostro “alleluia” è Colui che siede sul trono, Colui che giudica e annienta tutte le Babilonie, tutti i presunti poteri di questo mondo. |