La conquista della terra promessa è preceduta da un’incursione alla 007. Le spie che manda Giosuè sono nascoste da una prostituta che rischia la vita per salvarle. La caccia alle spie da parte della polizia del re di Gerico viene depistata. Raab, mentendo alle guardie del re, disorienta la loro ricerca. Le spie hanno rischiato grosso, ma hanno ottenuto le informazioni che cercavano. Come leggere il gesto di Raab che lei stessa definisce come azione di bontà? È un gesto d’amore per il nemico? È un calcolo politico? Certamente il gesto di Raab nei confronti delle due spie mandate da Giosuè è assolutamente gratuito, non richiede contropartite. Salva la vita delle due spie e solo dopo, scampato definitivamente il pericolo, chiede loro il favore che, al momento dello scontro armato, le venga risparmiata la vita insieme alla sua famiglia. Ma non lo chiede prima, lo chiede dopo. Si tratta di un particolare importante.
È un gesto, quello di Raab, coraggioso e gratuito. Simile, per certi versi, a quello che facevano le donne partigiane durante il fascismo. Portavano messaggi, nascondevano le persone, organizzavano attentati contro il nemico. Compiere azioni audaci in nome di un ideale, di una passione, facendolo assolutamente in modo gratuito senza mettere sull’altro piatto della bilancia un possibile tornaconto. Quest’ultimo lo si potrà richiedere, eventualmente, dopo a eventi conclusi. Non è un comportamento normale. Normale è piuttosto il do ut des. Viviamo tutti, chi più chi meno, di questa dinamica. Nessuno fa niente per niente. È il motore della società. E se qualcuno fa qualcosa di importante gratuitamente nessuno crede che lo faccia realmente in modo gratuito, si pensa sempre che, sotto sotto, ci sia un interesse personale. Il do ut des equivale a un’altra massima, anche se un po’ più drammatica della prima, figlia anch’essa della nostra cultura italiana erede di quella romana: mors tua vita mea. Anche questa massima descrive un atteggiamento normale, legittimo. Del resto per quale ragione dovrei rischiare la mia vita per la tua? Prima viene la mia vita poi, semmai, la tua. Raab, in sostanza, capovolge questa logica e propone un mors mea, vita tua.
Raab rischia la propria vita per salvare quella dei due emissari che ai suoi occhi rappresentano il nuovo che verrà e che nessuno potrà fermare. Lo fa per un ideale in cui crede. È la logica biblica della gratuità. Lavorare per la causa di Dio, anche mentendo alle autorità costituite (il re di Gerico), in nome della coscienza. Raab riassume tutti gli ingredienti della libertà di coscienza, della forza ideale, della passione politica per la quale vale spendere senza risparmio la propria vita. Ma ci sono ideali e ideali. Quelli negativi si riconoscono per la capacità di trasformarsi, col tempo, in affari svuotando di significato termini come libertà, giustizia, solidarietà. Per giungere al queta non movere ovvero continuare a prosperare indisturbati.
Tratto da Riforma del 21 ottobre 2005 |