Il 17 febbraio ricorre la memoria della promulgazione delle Lettere Patenti, con cui Carlo Alberto concedeva la piena fruizione dei diritti civili e politici ai valdesi e agli ebrei. Si tratta di un evento importante, che ha seguito la concessione dello Statuto a tutto il regno di Sardegna, sull’onda dei mutamenti, che interessarono l’Europa nel 1848. Tale avvenimento epocale per le popolazioni valdesi, uscenti da lunghi secoli di persecuzioni e vessazioni, apriva un nuovo periodo per tutta la nazione italiana. Restava, purtuttavia, la questione della libertà di culto; da allora il cammino è stato lungo e tortuoso e non lo si può considerare ancora concluso. È sufficiente una rapida occhiata alle notizie inquietanti relative alle interferenze del clero cattolico nella vita dello Stato, per doversi preoccupare seriamente dell’efficacia della cosiddetta «laicità dello Stato», oppure basta pensare alle numerose sviste dei principali mass media in termini di questioni religiose, per constatare quanto grande sia la disinformazione.
Paolo, nel versetto citato, fa un’affermazione perentoria riguardo alla libertà e alla sua effettiva origine: la fede ci conduce al Signore ed Egli alla libertà, grazie allo Spirito, quello Spirito che Egli ha promesso e donato; Spirito che agisce nelle chiese e che rende il Signore presente nella vita dei credenti secondo quanto affermato nell’Evangelo di Giovanni. In questo sta la libertà per il cristiano, non nei compromessi con i poteri mondani, sempre caduchi, piuttosto si tratta di esercitare, grazie alla fede, la possibilità del soccorso verso i più deboli, vivendo in spirito di giustizia secondo la volontà divina, rivelata in Gesù Cristo. Essere liberi, secondo quanto insegna Paolo in questo versetto e in altre parti del suo epistolario, significa potersi porre sulla linea della tradizione profetica giudaico-cristiana, là dove il profeta denuncia le ingiustizie che la società compie a danno di coloro che volta per volta si configurano come i più passibili di violenze.
La libertà religiosa quindi è distanziarsi dai rapporti con i poteri costituiti, che necessariamente richiedono compromessi. Ritengo che il prevalere della chiesa cattolica nelle vicende pubbliche italiane, i numerosi privilegi che a essa sono concessi non vadano nella direzione di questa capacità di denuncia. Non solo, ma dobbiamo esigere che lo Stato si faccia garante della libertà di coscienza, non permettendo ad alcun credo religioso di prevalere sugli altri, vantando dei privilegi. Pertanto la sera del 16 febbraio, quando si accenderanno i falò celebrativi, mi auguro che il ricordo delle vicende passate possa indicare, per il futuro, il cammino della chiesa nell’impegno per la crescita di una nuova cultura della libertà di coscienza nel nostro paese, cammino illuminato dal «falò» del Risorto, quale fonte dell’unica vera libertà.
Tratto da Riforma del 17 febbraio 2006 |