Queste parole sono state dette, anzi gridate, dal Signore Gesù Cristo nel momento più angoscioso in cui, tra sofferenze spirituali e fisiche immani, stava per morire sulla croce. Esse sono le prime parole del salmo 22. Possiamo pensare che, mentre stava vivendo l'angoscia tremenda della sua croce, egli abbia ripassato in preghiera silenziosa tutto quanto quel salmo, comunque certamente lo ha vissuto realmente, intensamente.
Chi lo ha scritto, ispirato dallo Spirito Santo, preannunciava già alcuni secoli prima quello che poi effettivamente ha sofferto Gesù sul Golgota; intanto, però, stava esprimendo la sua propria angoscia per quello che egli stesso stava patendo per opera dei suoi brutali nemici. Inoltre, il salmo esprime anche le angosce del popolo d'Israele nei momenti particolari in cui ha fatto la sconcertante esperienza di vedersi come abbandonato da Dio nelle mani dei suoi potenti e crudeli nemici, che lo stavano annientando.
Infatti nel corso della storia il popolo d'Israele ha fatto più volte questa terribile esperienza: sotto gli Egiziani e successivamente sotto gli Assiri, i Babilonesi, i Persiani, i Greci e infine i Romani. Questi ultimi nel 70 d. C. distrussero Gerusalemme e il tempio, massacrarono molte migliaia di ebrei e dispersero i superstiti nel mondo. Questi sono vissuti in questa dispersione mondiale per tutti i secoli successivi, spesso odiati, malvisti, disprezzati, perseguitati. Sarebbe lungo narrare le numerose persecuzioni sofferte da loro in tutto questo tempo in varie parti del mondo, ma non si può dimenticare la più colossale: quella del secolo scorso, in cui per opera dei nazisti furono massacrati ben sei milioni di ebrei nei campi di sterminio. Lì in particolare questo salmo ha risuonato coi toni più angosciati: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
E che cosa dire di molti altri esseri umani? Anche loro hanno fatto e fanno l'esperienza angosciosa di vedersi come abbandonati da Dio in certe situazioni, in vari modi, tempi e luoghi, sia come singole persone che come popolazioni. Non possiamo qui descrivere tutto quello che l'umanità ha sofferto e continua a soffrire tra calamità naturali di varia entità, malattie, guerre, violenze, atrocità, ingiustizie, oppressioni e tribolazioni di ogni genere. Per non parlare delle cose ormai passate, basta leggere un giornale, ascoltare le notizie alla radio o alla televisione, dove fra l'altro si vedono spettacoli raccapriccianti, per avere un'idea di quello che anche oggi molta gente sta soffrendo.
E nel guardare e considerare queste cose raccapriccianti noi non rimaniamo solo spettatori, rattristati sì, anche profondamente, ma solo spettatori, perché anche noi personalmente facciamo esperienze angosciose più o meno intense in determinati momenti della nostra vita e tante volte anche noi in certe situazioni ci siamo sentiti come abbandonati da Dio e forse pure noi abbiamo detto o anche gridato: "Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?"
Quanto è grande il dolore del mondo! Un mondo in cui, per le cose brutte, ingiuste, tremende che succedono e che coinvolgono singole persone e popolazioni intere, sembra che Dio non ci sia affatto. Appunto per questo molti ritengono che Dio non esista. Anche qui risuona l'eco di una parola che si ripete in un altro salmo: "Dov'è il tuo Dio?" (42/4,11), e si può dire semplicemente: "Dov'è Dio in tutte queste cose tremende che succedono?"
"Dov'è Dio?" Questa appunto fu una domanda che un ebreo rivolse a Elie Wiesel, scrittore, suo connazionale e compagno di prigionia, mentre entrambi stavano assistendo ad una scena straziante: quella di un ragazzo ebreo impiccato dai nazisti, mentre quel poveretto si dimenava nell'aria appeso alla forca, non potendo morire per parecchi minuti, perché era talmente ridotto di peso che il cappio stentava a stringersi e a soffocarlo. "Dov'è Dio adesso - chiese quel compagno - quel Dio che lascia morire in questo modo atroce questo povero ragazzo?" Ricordando l'episodio, Wiesel poi scrive: 'Allora sentii dentro di me una voce che rispondeva: «Dov'è? È lì...! È appeso a quella forca...!».
Forse senza saperlo l'ebreo Wiesel, nello scrivere queste parole, ha toccato proprio il cuore dell'Evangelo. «Dov'è Dio ? È lì, appeso a quella forca!». Infatti, qualcosa di simile a quella scena raccapricciante del campo di sterminio accadde un lontano venerdì pomeriggio di duemila anni fa, fuori delle mura di Gerusalemme. Lì un uomo di 33 anni fu inchiodato su di una croce in mezzo ad altri due condannati alla stessa pena. Anche lì fu pronunziata una domanda, diversa nella forma, ma identica nella sostanza a quella sussurrata ad Auschwitz. La pronunciò lui stesso, l'uomo appeso alla croce, mentre stava morendo: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?».
Ma Dio lo ha veramente abbandonato? In un certo senso e in un certo modo sì, perché ha permesso proprio tutto il male fino in fondo: dall'arresto ingiusto, al processo iniquo, alla condanna perfida, alla crocifissione atroce, al trionfo della malvagità e del male, alle beffe, a tutte le indicibili sofferenze fisiche e morali di Gesù e alla sua morte. Dio lo ha lasciato morire facendolo passare anche attraverso quest'ultima esperienza estremamente negativa di tutti gli esseri umani. In questo senso e in questo modo Dio lo ha "abbandonato".
Eppure, proprio lì su quella croce dove Gesù soffriva e moriva, insieme con lui c'era anche il suo Dio, Colui che lo aveva mandato nel mondo e gli aveva dato il potere di parlare ed operare ogni cosa nel nome suo, Colui al quale egli aveva pienamente obbedito e col quale egli era stato sempre in comunione! Certo, Dio è stato veramente con lui anche in quella situazione indicibilmente negativa, tanto è vero che lo ha risuscitato! Così, per mezzo del sacrificio del suo Figlio Dio ha operato per la redenzione e la salvezza del mondo!
Quale grande mistero! Proprio qui Dio ci mostra che non solo si è fatto uomo in Gesù Cristo, ma anche che in lui ha fatto sua ogni sofferenza e la stessa morte dell'uomo per liberarlo definitivamente da ogni male; proprio qui in questo fatto che l'apostolo Paolo definisce "scandalo" e "pazzia", sta tutta la potenza, la sapienza e l'amore di Dio per noi e per tutta la sua creazione!
Qui siamo proprio davanti al cuore dell'Evangelo, che ci reca la più grande, la più bella e consolante notizia, non solo a parole, ma anche a fatti, mostrandoci come Dio è realmente presente e operante anche e proprio là nella croce di Cristo, e in Cristo e con Cristo anche in tutte le altre croci. Pertanto là c'è il pegno e la promessa divina e quindi la speranza certa della liberazione di ogni creatura che ha sofferto o che sta soffrendo.
Per questo noi allora possiamo guardare con occhi nuovi a tutte le sofferenze nostre e degli altri, a quelle di tutto il mondo, perché sappiamo che il Dio creatore e Signore dell'universo, il Dio di Gesù Cristo, è nel senso più profondo e reale della parola l'«Emmanuele», cioè «Dio con noi», Dio solidale con noi e operante a nostro favore anche nelle situazioni più avverse e disastrose. E possiamo dire con l'apostolo Paolo che né morte né vita, né cose presenti né cose future, né forze della terra né forze del cielo, e che proprio niente e nessuno potranno mai separarci dall'amore di Dio che è in Cristo Gesù, nostro Signore. |