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IL VANGELO OGGI
 
Il sacerdote
di Renato Maiocchi

«La cortina del tempio si squarciò in due, da cima a fondo»
(Marco 15, 38)

Coperta dal gran vociare post-elettorale, ha avuto scarso rilievo l’annuncio di una riforma della messa, momento centrale del culto per le sorelle e i fratelli cattolici. Benedetto XVI, infatti, intende tornare al passato, quando il sacerdote, anziché celebrare rivolto alla comunità, le voltava le spalle. Con tutto il rispetto, questa rinnovata accentuazione del ruolo individuale e soprattutto esclusivo del sacerdote appare in contrasto col significato che gli Evangeli danno all’irruzione del Figlio di Dio nella storia. Secondo l’interpretazione prevalente la cortina del tempio, che separava il luogo del Santissimo, accessibile soltanto al sommo sacerdote e che si squarcia al momento della morte di Gesù, è il simbolo dell’accesso diretto a Dio che i credenti hanno ottenuto con questa morte; ed è in linea con la netta affermazione della lettera agli Ebrei: Cristo è stato l’ultimo sacerdote, il suo sacrificio ci ha riconciliato definitivamente con Dio. E Paolo, a sua volta, scrive a Timoteo: vi è un solo mediatore fra Dio e gli uomini, Gesù Cristo.

Al di là di questi e altri argomenti tradizionali, che giustificano la diversa concezione e la diversa prassi delle chiese riformate, mi vien da pensare a un episodio del libro degli Atti. Pietro e Giovanni sono tornati nella comunità dopo un processo davanti al Sinedrio e riferiscono del divieto di continuare a predicare, del loro rifiuto, delle minacce che ne sono seguite. Ed ecco che la comunità si raccoglie spontaneamente e coralmente in un momento di culto nel quale, anche se appena accennati, sono riconoscibili quattro elementi: un’invocazione (Signore, tu sei colui che ha fatto la terra il cielo il mare e tutte le cose che sono in essi); un passo biblico (Tu sei colui che per bocca di Davide ha detto: «I re della terra e i principi si sono radunati insieme contro il Signore e contro il suo Unto»); una riflessione che lo attualizza (In questa città, contro il tuo santo servitore Gesù si son radunati Erode e Ponzio Pilato, insieme coi Gentili); una preghiera (citazioni parziali).

Questo è ancora oggi lo schema essenziale del culto come lo concepiamo nelle chiese evangeliche. Anche se non abbiamo gran motivo di inorgoglirci: il racconto degli Atti ci dice che dopo che ebbero pregato «il luogo dov’erano radunati tremò». Possiamo anche sorridere sugli «effetti speciali» che Luca aggiunge spesso per descrivere gli stati d’animo, le emozioni, i sentimenti di quei primi cristiani. Ma il «sentirsi tremare la terra sotto i piedi» è un’esperienza ben comprensibile anche senza far ricorso al soprannaturale. Solo che, di questi tempi, non sembra molto frequente neanche fra noi...
Anche noi abbiamo sempre bisogno di qualche riforma, che rivitalizzi i nostri culti e li renda sempre più dei momenti cruciali di confronto fra la Parola e la nostra vita personale e collettiva, di preghiera, di invocazione di una Presenza che faccia tremare la terra sotto i nostri piedi.

Tratto da Riforma del 5 maggio 2006

 
   
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