Joy è la presidente del movimento delle donne battiste dello Zimbabwe. È una presenza discreta accanto a suo marito, pastore, presidente della Convenzione battista, in visita in Italia nel mese di giugno. Joy ha raccontato l’attività delle donne, impegnate soprattutto nella solidarietà e nella raccolta di fondi per il Mozambico, paese vicino, che ha bisogno di aiuto. Lo Zimbabwe è tra i Paesi con i più alti indici di povertà, con una disoccupazione pari all’80% e un’inflazione altissima. Un intervento che ha fatto volgere lo sguardo altrove, per una diversa relazione con il denaro.
Parlare di economia, di risparmio, di investimento è qualcosa che entra quotidianamente nelle case attraverso i telegiornali, ma anche attraverso le parole e le frustrazioni di quanti e quante cercano lavoro e vivono una routine quotidiana fatta di attese e spesso di indifferenza. La preoccupazione reale per lo stato delle cose rischia di far diventare il timore della povertà interna l’unico paradigma di valutazione rispetto all’uso del denaro. La concretezza dell’aiuto, l’impegno per l’estinzione del debito a paesi sfruttati e ridotti in povertà, passa in secondo o terzo piano di fronte ai bisogni interni, o per essere più sinceri, di fronte alla domanda sempre più alta delle armi delle missioni in Iraq. Nelle chiese la situazione non è troppo differente. La diffidenza per ciò che è altro da noi è nutrita dal timore, chiamato prudenza, di non riuscire a soddisfare i bisogni, peraltro più che importanti, della normale amministrazione. E lo Zimbabwe, o il Mozambico, sono molto più vicini di quanto possiamo immaginare.
Le parole di Joy incoraggiano ad avere uno sguardo più ampio sulla realtà del dono di Dio che è la sua promessa e la sua Grazia. Il denaro, la relativa ricchezza di cui godiamo, è forse la forza principale che ci fa dire: questo è mio perché l’ho guadagnato io. Offrire con cuore grato, significa riconoscere la signoria di Dio sul creato e sulle nostre vite. Nel Nuovo Testamento il denaro viene identificato anche con Mammona, una parola un po’ oscura che può significare «ciò in cui si pone la propria fiducia». Dio ha posto la sua fiducia nella relazione con le donne e gli uomini, tutte le Scritture ne sono testimoni. La relazione univoca che il denaro richiede, questo «dominio» fondato sul timore di non averne abbastanza, può essere scardinato solo da un’economia che porti la relazione tra le persone al centro e ritrovi la dimensione del dono come una realtà che può fondare questa relazione: strappare al denaro la sua sacralità e togliergli un potere ingiusto, tentare di ristabilire un’integrità delle relazioni tra uomini e donne, con il creato intero, con Dio stesso. Ma tutto questo può rientrare solo all’interno della sfera del dono di Dio.
Tratto da Riforma del 16 giugno 2006 |