Siamo un mondo pieno di creditori. Tutti si aspettano che gli altri facciano qualcosa per loro, che abbiano più attenzioni, più gentilezza o più generosità. Se «gli altri» poi sono una istituzione allora tutto è davvero dovuto. Lo Stato deve darmi qualcosa e così anche la chiesa, le istituzioni e così via. Se poi qualcosa non funziona allora ci si indigna, però non con una protesta civile che a volte è sacrosanta. Ma ci si arrabbia con il primo che capita, magari con l'impiegato allo sportello delle poste o della banca. E così incontriamo nella società tante persone infuriate con l'universo mondo, incapaci di solidarietà, ognuno rinchiuso nel suo angolino a mugugnare per i torti subiti da quello che «gli altri» non ci danno e che ci sarebbe dovuto. Viviamo bene in questo clima di perenne tensione? Ovviamente no! Buona parte dello stress, malattia che uccide, è proprio da addebitarsi a questo stile di vita della giungla: tutti contro tutti e nessuno mai contento.
Scriviamo queste parole a pochi giorni dal conferimento del premio Nobel per la pace a un banchiere. Già questa è una notizia: banche e pace non vanno mai molto d'accordo, sono più facilmente associabili al traffico delle armi che garantisce dei bei profitti! Ma questo banchiere ha avuto una idea davvero pazza: fare dei prestiti a chi non può dare nessuna garanzia. Guardando intorno a sé tra la sua gente in Pakistan e in Bangladesh ha iniziato a fare dei micro-prestiti a migliaia di persone che hanno così potuto avviare dei piccoli commerci che li hanno tolti dalla fame. Prestiti fatti a persone che non potevano permettersi nulla e non avevano nulla da dare in garanzia: questo va contro ogni legge dell'economia. Le banche che conosciamo noi lo sanno bene. Ho già incontrato parecchi ragazzi «precari» senza il posto fisso che vorrebbero sposarsi o convivere, ma chi osa far loro un mutuo per la casa? Meglio essere dei creditori garantiti, piuttosto che fidarsi di potenziali debitori senza risorse.
Paolo ci sfida a sentirci tutti sempre debitori! Debitori dell'amore. Il cristiano, per quanto giusto e buono pensi di essere, non deve essere mai pago della sua capacità di dare amore. Ci si può e ci si deve sentire in debito, ma questo non è un insegnamento che alimenta il nostro senso di colpa, anzi «chi ama il prossimo ha adempiuto la legge». È una persona che fa tutto quello che si può fare e nell'amore trova senso alla sua vita e trova la giustificazione di Dio. L'amore riassume tutto ciò che può essere predicato, vissuto, fatto e realizzato, perché, come ci ricorda la prima epistola di Giovanni: «Dio è amore».
Insomma Paolo ci sfida a non fidarci delle leggi che sembrano eterne e immutabili. È più felice chi si sente debitore d'amore, piuttosto che chi si sente sempre creditore verso tutti. In una parola: smettila di lamentarti di quello che gli altri non fanno per te, e fai qualcosa per gli altri, sarai più felice!
Tratto da Riforma del 27 ottobre 2006 |