La venuta del Signore in mezzo al suo popolo è qualcosa di molto materiale. L’impresa di aprire una strada per Dio in mezzo al deserto, con tanto di spianamento delle dune e di riempimento delle vallate, è qualcosa di faticoso, le risorse da mettere in campo sono molto elevate. Colui che deve arrivare è degno di ogni onore! Possiamo pensare ad ali di folla, a cortei e sventolii di bandierine multicolori agitate da scolaresche in uscita festosa, all’affollarsi dei curiosi. Possiamo pensare a qualsiasi situazione, nelle capitali di tutto il mondo, in cui un re o un presidente attraversa la città per raggiungere i palazzi. È facile immaginare lo sforzo organizzativo, le questioni di sicurezza, l’esborso di denaro per tenere in piedi l’ «evento»! Per tutto questo ci vuole preparazione e ogni cosa deve funzionare al meglio e ogni ostacolo deve essere rimosso...
Vale la pena ricordare che a Torino in occasione delle Olimpiadi invernali nel febbraio scorso, le strade furono «preparate» ripulendole affinché la città fosse più accogliente e che nel lavoro di pulizia si provvide a far sparire dalla circolazione i barboni, gli zingari e gli stranieri più scomodi! In vista del Natale nella nostra società consumistica con molto anticipo arrivano luminarie e tappeti rossi per la ripetizione di un rito molto festoso per qualcuno, ma per altri sempre più frustrante.
Con la sua cultura africana l’amico Berthin Nzonza mi fa osservare che il Natale per varie ragioni è atteso, come ogni altra cosa, lungo la strada, magari al buio: infatti si vive pochissimo in casa! Nelle strade delle città e dei villaggi si incontrano tutti gli attori della società – le vittime e i carnefici – perché tutti usano la strada, per incontrarsi, per commerciare, per rubare, per elemosinare, per cogliere una opportunità che risolva certi problemi o più semplicemente per imparare a vivere. Ma la strada è anche il luogo dove si può misurare lo stato di salute di un paese, nel bene e nel male, e se nelle città europee la strada fa paura non è così in quelle africane, ammesso che non ci sia il coprifuoco.
Preparare la strada al Signore che viene significa dunque accoglierlo con tutti gli onori e con gioia. Questa attesa e questa preparazione «per la strada» significa più umilmente e più semplicemente preparare il cuore degli esseri umani ad accogliere colui che può cambiarti la vita. Ma anche questa è un’impresa grandiosa, difficile e impegnativa, apparentemente impossibile. La strada da percorrere per comprendere il senso dell’esistenza è segnata dalla fatica e dalla prova ma anche dalla gioia dei momenti di fraternità e di incontro. Questa strada si apre dopo una preparazione che richiede impegno e fiducia. La strada è dunque il luogo e il tempo dell’attesa: l’Avvento si vive in mezzo agli altri, nella strada affollata da una umanità disomogenea ma unita nella speranza di una vita giusta per tutti.
Tratto da Riforma dell'8 dicembre 2006 |