Ho 40 anni e a volte vengo ancora considerata giovane, almeno qui in Europa. In Uganda invece la speranza di vita si aggira intorno ai 41 anni... Essere giovani, essere vecchi, è una questione molto relativa ma fondamentale per ogni società. Perché dal panorama delle generazioni dipende anche la qualità della vita, non solo in termini sociali ed economici. Oggi quando si pensa ai giovani si parla quasi automaticamente di precarietà. Ma ci inganniamo se limitiamo la precarietà ai giovani: infatti quando soffre una fascia di età soffrono tutte le generazioni. Le statistiche recenti non mentono: aumentano i single come aumenta l’età media delle donne alla prima gravidanza. Perché? Perché la famiglia è in crisi? Forse, ma soprattutto perché molti giovani non sono nelle condizioni di mettere su famiglia! A ciò si aggiungono l’invecchiamento della popolazione e una speranza di vita sempre più lunga. Molti fattori concorrono a fare di tutte le generazioni dei precari: i giovani perché faticano a trovare un lavoro fisso, gli anziani perché la pensione è esigua e la generazione dei genitori-figli perché deve sostenere i giovani e gli anziani!
Queste osservazioni, anche se schematiche, dipingono un quadro preoccupante: quello di una società spaventata dal futuro e pronta a rinunciare a principi fondamentali di giustizia sociale per arrendersi disperata all’eldorado contemporaneo, ovvero la flessibilità, la negazione della dignità per il profitto. E in questa arena spietata giovani, meno giovani e vecchi stanno perdendo progetti, sogni e anima.
Anche il profeta Gioele vive e predica in un tempo di crisi profonda. E l’attualità delle sue parole colpisce per due ragioni strettamente collegate: la solidarietà tra le generazioni e la speranza per il futuro. Per il profeta la società forma un insieme di generazioni. Le fasce di età non sono chiuse ma vivono di interazioni reciproche. All’interno di questo sistema prevale la solidarietà e il senso di appartenenza a un progetto comune. Non penso che le società postmoderne possano ritornare a queste strutture tradizionali, ma penso che sia necessario proporre spazi e luoghi dove le diverse generazioni si incontrino e imparino a riconoscersi. Ma perché insistere su questo scambio intergenerazionale?
Perché i progetti e le prospettive di una società non possono fondarsi su una sola generazione. La situazione politica italiana è l’esempio di un sistema chiuso alle nuove generazioni: pochissimi sono i giovani che riescono a infiltrarsi nella pesante gerontocrazia al potere. Nella profezia di Gioele la speranza è condivisa dai giovani che hanno visioni e dagli anziani che sognano ancora. La precarietà uccide la speranza. Ma la speranza della fede vince tutto. È la potenza dello Spirito, per Gioele come a Pentecoste. E nelle nostre chiese?
Tratto da Riforma del 13 luglio 2007 |