C’è un grande paradosso in questo invito: si può comprare gratuitamente! Sembra quasi la pubblicità di uno di quei supermercati che vorrebbero farci credere che più consumiamo più guadagniamo o meno spendiamo. Ecco il paradosso: mentre Isaia annuncia la grazia illimitata di Dio, la società dei consumi ci vende l’illusione della gratuità. In questi ultimi anni l’economia è diventata planetaria, oggi si dice «globalizzata». E il relativo fenomeno della globalizzazione rappresenta per gli uni un’opportunità di sviluppo e di arricchimento, per gli altri una minaccia di squilibrio sempre più profondo tra il nord e il sud del mondo. Insomma, la globalizzazione ha i suoi sostenitori e i suoi avversari ma in realtà gli uni e gli altri concordano su un punto: considerano il fenomeno una teoria o una scienza precisa. Invece eminenti economisti, filosofi e storici si trovano d’accordo con il profeta Isaia nel rimettere al centro dell’economia un agente che non ha niente di astratto: l’essere umano.
Infatti l’economia va ripensata nella prospettiva della sua radice greca, ossia come «arte della gestione della casa». La casa si è ingrandita per diventare mondo ma l’abitante tipo è tuttora un uomo o una donna. Il fenomeno della globalizzazione richiede dunque da ciascuno una doppia responsabilità. La prima è legata alla gestione della casa-mondo, all’economia; la seconda alla salvaguardia del pianeta, all’ecologia. Isaia ha una visione molto globalizzata dell’acqua! Quando sappiamo che la posta in gioco per quanto riguarda l’acqua non è più solo strategica ma anche economica, ci accorgiamo che la visione profetica è assai sovversiva. Le acque sono proprietà di tutti o di nessuno, il che, nel linguaggio biblico, significa il riconoscimento dell’opera creatrice di Dio. La creazione va protetta e salvaguardata perché è benedizione del Signore. Ci viene richiesto non di rivendicarne il possesso ma di condividere con gli altri i doni gratuiti del Creatore.
La conseguenza di questa visione è immediata: siccome il creato non ci appartiene, non possiamo comprarlo, possiamo solo riceverlo! Ed ecco la seconda sfida che ci lancia il profeta: cambiare il nostro consumo. Farne una piattaforma di scambio e di riciclaggio e non una competizione spietata tra chi consuma e spreca di più. Ma bisogna essere chiari: non si tratta di combattere l’economia liberistica, sarebbe un’illusione già sconfitta una volta nella storia. Si tratta invece di promuovere un’economia alternativa il cui mercato rispetti il lavoro, i diritti e il guadagno economico del produttore e del consumatore. Questa forma di economia, che scommette su uno scambio equo e protegge le risorse naturali, viene sostenuta da molte chiese. Ora tocca a ogni cristiano e cristiana diventarne protagonista. Per uscire dalla filantropia e dal consumismo. Con impegno e entusiasmo.
Tratto da Riforma del 13 luglio 2007 |