L’anno che da qualche giorno ci siamo lasciati alle spalle ha visto progredire la politica vaticana di spasmodica ricerca di potere e di spazi pubblici, tesa alla costruzione di una chiesa che si erge a coscienza nazionale, e che nella sua gloria spera di irraggiare la gloria di Cristo. Ma può davvero esistere una chiesa gloriosa? No. Lo dice con chiarezza il racconto del Natale, così come lo troviamo in Luca. Gloria a Dio, cantano gli angeli ai pastori. Soli Deo gloria, ripetevano giustamente i Riformatori del XVI secolo! Solo a Dio può andare la gloria, ovvero solo Lui può essere riconosciuto come punto di riferimento della vita degli esseri umani. Solo Lui può essere oggetto di devozione.
Al contrario, per gli uomini ch’egli gradisce c’è la pace. Il contraltare terreno della gloria di Dio è la quiete di una stalla, di una famiglia, rifugiatasi fortunosamente in una stalla per dare alla luce un bimbo. Così dev’essere la Chiesa, costituita dagli «uomini (e dalle donne, qui il linguaggio inclusivo è un obbligo!) ch’egli gradisce». La Chiesa è un luogo di pace, umile e semplice, e non è fatta di adunate oceaniche accorse a venerare il «santo» di turno. La Chiesa non è manifestazione di potenza, una potenza che priva Dio della sua gloria attribuendola agli uomini, per quanto grandi possano essere i loro meriti. L’unica gloria della Chiesa può essere quella Parola che le dà la vita, ma che non le appartiene.
La vera Chiesa resterà sempre segnata dall’umiltà di un bambino deposto in una mangiatoia, dalla semplicità dei suoi apostoli, scelti accuratamente tra gli ultimi, dalla modestia di quei suoi servitori, i quali, nel corso della storia, hanno pagato con la sofferenza o con la vita il coraggio di denunciare una gerarchia che, nella sua ricchezza e nel suo potere, assomigliava troppo all’anticristo. D’altra parte, se il Figlio di Dio ha scelto di nascere nell’umiltà, perché i suoi servitori dovrebbero farsi grandi e pavoneggiarsi in vesti lussuose e simboli di gloria? Se il Cristo ha impiegato i suoi eserciti celesti per cantare le lodi di Dio, invece di imporre al mondo la sua volontà, perché la Chiesa che gli appartiene dovrebbe impiegare i suoi eserciti di credenti per piegare gli altri al suo volere o per sottomettere le dirigenze politiche, sempre alla ricerca del voto degli elettori, umiliandole e ricattandole per i propri fini? La parola di Dio si apre la strada attraverso la conversione, per sua intrinseca potenza: guai a chi cerca di usarla per imporre la propria gloria!
Il nuovo anno che abbiamo cominciato a vivere possa essere vissuto all’insegna di una grande speranza. Quella che la Chiesa (oppure, in questo caso, le chiese?) si proponga di non cedere alle tentazione di rubare a Dio la sua gloria, per appagare quel desiderio di potere, così forte nell’essere umano.
Tratto da Riforma dell'11 gennaio 2008 |