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IL VANGELO OGGI
 
Essere chiesa
di Stefano Meloni

«Non è ancora reso manifesto quel che saremo»
(I Giovanni 3, 2)

Nella riflessione sul senso dei nostri rapporti ecumenici, in vista della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, non possiamo sottovalutare la questione laicità. Cresce, infatti, il dibattito e la preoccupazione sul tentativo esplicito della gerarchia cattolica di esercitare pressioni sull’autonomia statuale di legiferare, si sviluppa la riflessione sulla ricaduta politica dell’agire «cristiano» e religioso in senso lato, e con crescente vigore sale la reazione (stizzita, ma estremamente seria e consapevole) degli ambienti laici e non religiosi.
Se, da una parte, l’opinione comune mostra appiattimento, massificazione e adesione formale e sostanziale a posizioni di rinnovato moralismo e dogmatismo (d’altronde la forza mediatica dell’informazione riguardo al pensiero papale è ridondante, straordinaria, opprimente e dunque efficace), segnando un rinnovato interesse per le religioni, dall’altra assistiamo quotidianamente all’uso spregiudicato e violento dei dettami del più bieco fanatismo religioso.

Si può restare inerti o attoniti, se Dio è argomento per offendere la neutralità dello Stato, o peggio, nel mondo, strumento per esercitare violenza e omicidio politico? Che fare per opporsi e prevenire l’impatto negativo del fondamentalismo religioso sulle libertà individuali, sulla cultura, sulle giovani generazioni? Come concepire il ruolo della religione nella vita pubblica, nella società, nell’educazione, nella politica? Esistono delle distinzioni, delle visioni alternative, delle parole che, come protestanti in Italia, possiamo ancora dire?
Se la risposta è «sì», anche l’ottavario per l’unità dei cristiani (e tutto il lavoro che lo precede) è luogo e occasione adatta per affermare il principio di neutralità degli Stati nei confronti di ciascun cittadino e delle proprie convinzioni religiose, se ci sono. Per ricordare a noi stessi e alle sorelle e fratelli cattolici che il motto libera Chiesa in libero Stato non è un esercizio speculativo figlio del suo tempo risorgimentale, ma terreno fertile su cui far crescere germogli di libertà, spazi di razionalità che non offendano la spiritualità e la fede di ciascuno, luoghi di incontro tra identità religiose e cittadinanza. Per poter dire che l’appartenenza di fede non è in contrasto con autonomia di giudizio e spirito critico.

Su quale piano, perciò, si pone la questione e il desiderio dell’unità dei cristiani? È una visione escatologica, dunque non ci appartiene e rappresenta figurativamente ciò che saremo, pur non essendo ancora manifesto? O sta sul livello dei rapporti negoziali e di partnership? In cammino verso l’unità visibile, verso una diversità riconciliata, o attenti a cogliere il legame fraterno che si costruisce passo dopo passo? In fondo, anche questo appuntamento, nella sua ambivalenza (escatologica e di pratica quotidiana), ci pone con forza la domanda su che cosa sia e possa essere Chiesa oggi. Che è anche una domanda politica e culturale.

Tratto da Riforma del 18 gennaio 2008

 
   
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