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IL VANGELO OGGI
 
Il nostro tesoro
di Maria Bonafede

«Portiamo un tesoro in vasi di terra»
(II Corinzi 4/7)

Con questa immagine l’apostolo Paolo cercava di spiegare il senso del discepolato. A conclusione dei lavori sinodali e alla ripresa di un nuovo anno di vita e di testimonianza delle nostre chiese, mi pare una immagine significativa con la quale rimetterci in cammino: il tesoro è evidentemente l’evangelo, la buona notizia che riscatta i diseredati, che porta il perdono, la vita. Il tesoro è la buona notizia che la nostra vita è accolta anche se è incapace di fare il bene, anche se non sa evitare il male. Il tesoro è la fede in Cristo che inspiegabilmente entra in gioco nella nostra esistenza: per una parola ricevuta, con la lettura di un libro, per aver ascoltato un pensiero, un messaggio, perché siamo entrati in quella chiesa quel giorno forse soltanto per riposarci dopo una lunga camminata. Il tesoro è la libertà di Cristo che, mentre rende la vita libera, la appassiona e la impegna alla vita e al destino degli altri, del prossimo vicino e lontano.

I vasi di terra sono evidentemente le nostre esistenze ogni tanto forti, più spesso deboli, sono le nostre parole ogni tanto capaci di dire la libertà cristiana e di convincere, più spesso impacciate e rituali. Vasi di terra sono le nostre chiese che tentano la loro strada di fedeltà al Signore e che mi pare ci riescano anche tra molte preoccupazioni e difficoltà, una fedeltà che è anche fatica, disciplina nelle piccole cose, e che qualche volta sono capaci di pensieri e azioni coraggiose verso la libertà e il servizio che il prossimo richiede; qualche volta capaci di amare al di là delle loro forze, di scommettere per una causa sulla quale nessuno investirebbe un centesimo, altre volte modeste, un po’ paralizzate anche da cose inessenziali.

La cosa bella di questa immagine è che il tesoro è portato da vasi di coccio. È che la Bibbia metta insieme l’uno e gli altri. Dio avrebbe potuto consegnare il suo evangelo a vasi preziosi, tutti luce e senza ombre. Ma allora si sarebbe pensato che può parlare di Dio solo chi è ricco e luccicante, soltanto una chiesa così. Oppure avrebbe potuto affidarlo a vasi di ferro potenti e forti, vere e proprie casseforti, ma si sarebbe potuto pensare che solo chi è forte e potente può parlare di Dio. L’evangelo invece fa una scelta diversa, molto più umana e forse più difficile da capire e da portare: perché questa scelta?

Per lo stesso motivo per cui Gesù è stato rifiutato, estromesso, ed è rimasto solo a morire sulla sua croce, alimentando il dubbio del fallimento. La buona notizia della grazia di Dio in Cristo è una notizia che cambia il mondo dal profondo, che diventa umana come noi e di noi, come siamo davvero, si vuole occupare, della nostra umanità talvolta … troppo umana, nel male come nel bene. L’evangelo ha bisogno di voci, di mani e di piedi, ha bisogno di sorrisi e di trasparenza e si fa spazio fra persone opache piene di contraddizioni, sostanzialmente inadatte. Però di questa umanità modesta il Signore si serve, a questa umanità opaca da luce affinché possa brillare il suo amore per l’umanità intera.

Riprendiamo quindi un nuovo anno con questa notizia che ci riempie di speranza: portiamo un tesoro. Fermiamoci sul tesoro, guardiamo al cuore dell’Evangelo e traiamo da lì la fede ed anche la convinzione: giovani e pieni di prospettiva e di energie o giovani e pieni di incertezze per il presente ed il futuro; piccole chiese fatte di pochi nuclei familiari calde e accoglienti ma spaventate per la loro esiguità, chiese più grandi e forti, che tengono e che si spendono generosamente ma che si confrontano comunque con la prospettiva dell’invecchiamento e di vedere i più giovani andarsene per studiare e per trovare la loro strada, chiese che vivono la bella prospettiva di incontrare ed accogliere persone nuove che arrivano da percorsi spirituali e culturali altri da noi, che ci affascinano ma che ci mettono anche in questione, perché ci rendiamo conto che non solo loro ma anche noi siamo in cerca di radici spirituali in casa nostra. Certo, c’è la fragilità dei vasi di coccio, ma ricordiamoci che portiamo un tesoro. Questa è la buona notizia che aspettavamo e che ci raggiunge, e sappiamo che per quel tesoro ci saranno date le forze, che quel tesoro è la nostra liberazione, ma anche la nostra libertà.

 
   
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