IL VANGELO OGGI |
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Gioia di pace di Daniela Di Carlo |
«Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio»
(Matteo 5, 9) |
Ogni mattina alle 6.30 suona la sveglia. Scendo dal letto, accendo la macchina del caffè e la tv, già sintonizzata sul telegiornale. Ogni mattina ascolto un bollettino di guerra che si ripete, giorno dopo giorno, uguale a se stesso: delitti famigliari, guidatori ubriachi che uccidono passanti ignari, rapine in villa, anziani che non arrivano a fine mese con i soldi della pensione e che si vedono costretti a raccogliere frutta e verdura tra i rifiuti dei mercati rionali, rincari continui e costanti sulla pasta e il pane, razzisti ariani che attentano alla vita di Barack Obama, ecc. Ogni tanto vengono raccontate anche storie incoraggianti. Parlano di gatti tornati a casa dopo nove anni di assenza o di cani che salvano la vita ai loro padroni destinati a morte certa a causa dell’incendio che si è sviluppato, nel loro appartamento, durante la notte.
Ogni mattina ripasso gli impegni lavorativi della giornata e mi rendo conto che qualsiasi attività debba affrontare, dalla riunione alla visita pastorale, il compito che mi aspetta sarà quello di reclutare giovani e vecchi, donne e uomini tra le file dell’esercito di coloro che non accettano la resa. Così preparo la mia battaglia quotidiana, studio strategie per rendere possibile la nascita di guerrigliere e guerriglieri che, armati della Parola di Dio, non solo si rendono impermeabili alle sciagure che certamente cadranno sulle loro teste ma riusciranno a costruire la pace, quella vera, che ci viene suggerita da Matteo.
E se mi sbagliassi? E se in fondo all’umanità la guerra, in ogni forma, economica, patriottica, ecc., piacesse? Doris Lessing, la scrittrice Premio Nobel per la letteratura nel 2007, racconta di un suo viaggio fatto in Zimbabwe dal quale era tornata rattristata per aver appreso che i lunghi anni di guerra civile che avevano colpito quel paese erano rimpianti. Si aveva nostalgia di quell’esaltazione, quasi un’eccitazione che si avvertiva nell’aria e che invadeva tutti, vissuta come il preludio alla resa dei conti. I soldati, sia bianchi sia neri, sentivano la mancanza di quelle formule eroiche che scandivano la loro esistenza e che faceva loro sognare scenari vittoriosi. La guerra piace perché le persone si sentono autorizzate a essere brutali, crudeli, cattive, violente. Insomma, in una situazione di guerra si possono mettere in campo tutti quei sentimenti e quelle azioni che la maggioranza della gente tenta di tenere sotto controllo.
E se invece provassimo a ritrovare la gioia della pace? E se cambiassimo punto di vista, cercando di partire dalla costruzione della nostra pace quotidiana invece che dalla difesa di ciò che minacciano di toglierci? Si può vivere senza sentirsi addosso quello stretto vestito di guerra in cui i mass media cercano di ricacciarci? Deve essere possibile trovare forme di resistenza che non includano contemporaneamente l’aggressione verso qualcosa o qualcuno. Nella parole di Gesù si respira questa possibilità. Buon lavoro a tutte e tutti noi!
Tratto da Riforma del 7 novembre 2008 |
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