C’è anche questo, nella Bibbia, la storia di un fatto tragicamente attuale: un licenziamento. Tradizionalmente è stata interpretata come la storia di un «fattore infedele» il quale, incaricato di gestire l’azienda di un lontano padrone, la amministra male, viene perciò licenziato e vede aprirsi davanti a lui il baratro della disoccupazione. Per salvarsi, si sostiene, imbroglia ulteriormente il suo padrone condonando parte dei debiti che i contadini hanno contratto con l’azienda. Risultato: Gesù dice che il padrone lo loda «perchè ha agito con avvedutezza». Straordinario! In realtà, fanno notare altri esegeti, l’interesse della parabola non è il rapporto fra il fattore e il padrone ma quello fra il fattore e i contadini. Dalla storia appare chiaro che, per aggirare il divieto biblico di prestito a interesse, il fattore ha gonfiato le cifre dei debiti che i contadini erano costretti ad accettare, nella speranza di poterli ripagare con il raccolto. Insomma, si è comportato, nel suo piccolo, come la speculazione finanziaria che ci ha precipitati nell’attuale crisi: ha accumulato ricchezze sulle spalle di chi chiedeva un prestito. Solo che oggi la tecnica si è perfezionata; a spremere il debitore sono in tre: la banca, l’assicurazione che garantisce il credito e la borsa, dove il credito si compra, si vende, e si gonfia artificialmente. Ed ecco che il fattore, licenziato, si rende conto che fino ad allora ha fondato la sua sicurezza sullo sfruttamento, sul profitto e che viceversa solo ristabilendo la giustizia e confidando nella solidarietà e nella condivisione può sperare nel futuro: «So quello che farò, perché qualcuno mi riceva in casa sua quando lascerò l’amministrazione», e restituisce a ciascuno la parte ingiustamente gonfiata del suo debito.
GesÙ dice che il padrone lo lodò e aggiunge: «I figli di questo mondo, nelle relazioni con quelli della loro generazione, sono più avveduti dei figli della luce; […] fatevi degli amici con le ricchezze ingiuste; perché quando esse verranno a mancare, quelli vi ricevano nelle dimore eterne». Tradotto: se persino i figli di questo mondo si rendono conto che la loro salvezza non dipende dalle ricchezze ingiuste ma dalla solidarietà, dalla condivisione, quanto più voi! E ritradotto: se persino il ministro Tremonti ha dichiarato che nel disastro della finanza mondiale «è mancata l’etica», quanto più voi vi dovete opporre a un sistema finanziario che crea ricchezze illusorie sfruttando il lavoro altrui.
Mi piace concludere con alcune parole tratte da un recente articolo di un fratello cattolico, Enzo Bianchi: «Il dio denaro chiede affidamento, fiducia, sottraendoli in tal modo al rapporto con gli altri. E anche per chi, come Luigi Zoja, scrive che non solo Dio è morto ma è morto anche il prossimo, l’unico nemico capace di duellare contro la morte e di vincerla non è il denaro ma l’amore, l’amore dell’altro e degli altri, è la comunicazione, la condivisone, la comunione».
Tratto da Riforma del 19 giugno 2009 |