La Camera dei Deputati, licenziando il testo della nuova normativa che regolava i rapporti fra lo Stato italiano e la Chiesa cattolica in materia finanziaria a seguito della revisione del Concordato, approvava un ordine del giorno che prevedeva la possibilità di estendere i criteri informatori di detta normativa alle altre confessioni religiose, in un’ottica paritaria che consentisse però gli adattamenti del caso.
Conseguentemente si aprì nelle chiese valdesi e metodiste il dibattito sull’opportunità o meno di aderire al sistema che si veniva delineando (cioè la deducibilità fiscale dei contributi alla chiesa e la percezione di una quota del gettito IRPEF dello Stato, sulla base delle scelte dei contribuenti), sostenendosi da taluno che tale sistema appariva improntato ad una concezione dei rapporti tra Stato e Chiese diversa da quella rispecchiata nell’Intesa del 1984 e da altri la piena compatibilità invece di tale sistema con l’ordinamento valdese e con i principi espressi nell’Intesa stessa.
Il Sinodo, dopo aver deciso con 37/SI/1988 di non addivenire ad una trattativa con lo Stato in materia, con 28/SI/1990 accettava invece il principio della deducibilità fiscale delle erogazioni liberali in favore delle chiese valdesi e metodiste, secondo procedure coerenti con il sistema contributivo in uso nel loro ambito, e infine, con 36/SI/1991, deliberava "... di inserire tra le materie oggetto di trattativa con il Governo italiano, nel quadro dell’adeguamento dell’Intesa stipulata il 21.2.1984 alle modifiche intervenute nei rapporti finanziari tra Stato e confessioni religiose (già chiesto dalla Tavola), l’attuazione dell’ordine del giorno della Camera dei Deputati 9/2337/3 del 1985", specificando inoltre che "... nell’ambito di tale trattativa, dovrà essere manifestata la disponibilità della nostra Chiesa di essere destinataria delle scelte dei cittadini contribuenti, in ordine alla attribuzione dell’8 per mille dell’IRPEF, alle seguenti condizioni: a) che l’attribuzione avvenga sulla base delle scelte effettivamente espresse, con destinazione allo Stato della percentuale relativa ai cittadini che non si siano avvalsi della facoltà di legge; b) che i mezzi finanziari relativi vengano destinati esclusivamente ad interventi di carattere culturale, sociale ed assistenziale in Italia e nei paesi del sottosviluppo ...". In tale atto, il Sinodo diede anche indicazioni circa la destinazione dei mezzi finanziari che sarebbero pervenuti, escludendone l’utilizzo a fini di culto, e destinandone "una congrua porzione" a combattere la fame nel mondo.
Il testo dell’intesa in materia finanziaria, integrativa di quella del 1984, venne stipulato il 25 gennaio 1993. Con 49/SI/1993 “Il Sinodo, dato atto della conformità dell’integrazione dell’intesa stipulata tra la Tavola e la Repubblica italiana in data 25.1.1993 al mandato contenuto nell’atto 36/SI/1991, approva l’operato della Tavola ed allega al presente atto il testo firmato il 25.1.1993”. L’intesa venne approvata con legge n. 409 del 5 ottobre 1993. Successivamente, previo accordo con la Tavola, venne emanato il decreto ministeriale 11 dicembre 1993, concernente le modalità di attuazione della defiscalizzazione. Di tale decreto prese atto il Sinodo, con 47/SI/1994.
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