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Dal dizionario di Maria Bonafede: "vita"

La rubrica "Vocabolario", inserita nel programma Fahrenheit, in onda su Radio Tre, ha visto, nella settimana dal 9 al 13 febbraio, la partecipazione di Maria Bonafede, moderatore della Tavola Valdese.

Riportiamo, come spunto di riflessione, le parole da lei scelte

Vorrei parlare della vita, della vita umana, anche se mai come in questi giorni se ne è parlato tanto. Lo si è fatto parlando di una giovane donna che vive immobile su di un lettino, impossibilitata a qualsiasi forma di comunicazione ed alimentata da un sondino. Una donna che, ancora lucida, aveva espresso la sua volontà di morire qualora la sua vita si fosse ridotta a una pura pulsazione fisica. Per lei un cuore che batte in un corpo fermo e in un cervello immobile, non era vita. E non la voleva. Neanche io la vorrei.

Da mesi da tante parti si parla e si discetta sul principio assoluto della vita e non si lesinano accuse gravissime a chi con amore paterno respinge l’insistenza e l’inutilità di una cura che non produce guarigione e ha scelto di accompagnare la propria figlia alla morte.
Io sono un pastore protestante, credo nel valore evangelico della vita come il dono più grande che Dio ha offerto ai suoi figli ed alle sue figlie.
Ma so anche che l’uomo e la scienza non sono onnipotenti e che la vita può finire: in incidente mortale, per la vecchiaia, per un male incurabile. Ma la vita può finire anche nell’agonia di una macchina che fa pulsare un cuore quando la vita di lei non c’è più.

La vita umana non è solo e anzitutto biologia, la vita umana è biografia, e quindi relazione, incontro, pensiero, gioia o pianto, o sospiro. Adoperarsi in ogni modo per la sopravvivenza dei corpi quando la vita non c’è più è un atto di presuntuosa onnipotenza. Biblicamente è un peccato. Come, evangelicamente, è un peccato l’idolatria della vita come principio astratto. L’Evangelo di Gesù Cristo non è mai un principio astratto è sempre un incontro compassionevole, una parola che libera e che rimette in gioco.

La vera domanda di oggi – evangelicamente – non è come affermare astrattamente il valore assoluto della vita. E’ troppo facile e siamo tutti d’accordo. Il problema oggi è come rispondere al grido di chi crede che la vita sia un bene troppo grande e troppo alto e troppo prezioso da potersi ridurre a pura sopravvivenza. Dicono i Salmi e ripete il Nuovo Testamento per bocca di Pietro che per il Signore "Un giorno è come mille anni e mille anni sono come un giorno". La vita di Eluana, tragicamente spezzata da un incidente tanti anni fa, ha davanti a Dio la sua pienezza e il suo senso anche se a noi ogni vita giovane che si spegne appare un non senso. Non bisogna trasformare la vita in un idolo cui inginocchiarsi, ma avere più fiducia in Dio di quella che mostra chi si accanisce sulla sopravvivenza inanime di un corpo.

Scegliere la vita – come la Parola di Dio ci invita a fare – vuol dire lavorare e sperare ogni giorno perché ogni uomo ed ogni donna giovane e meno giovane, sano o malato, anche tanto malato, possano sperimentare e vivere una vita piena.

9 febbraio 2009

 

DAL DIZIONARIO DI MARIA BONAFEDE
 
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