L’ultima parola che ho scelto per questa serie di conversazioni è libertà.
Avrebbe potuto essere la prima perché è la parola della mia vita, la parola in cui ogni uomo ed ogni donna si può riconoscere tale, la parola che evoca un anelito antico come l’umanità. Ma è, per me anche la prima parola del cristianesimo, come dice l’apostolo Paolo nella lettera ai Galati: "Cristo ci ha liberati perché fossimo liberi; state dunque saldi e non vi lasciate porre di nuovo sotto il giogo della schiavitù" e ancora: "Voi siete stati chiamati a lbertà".
Ci sono tante altre parole importanti sia del vocabolario umano, sia di quello cristiano, ma libertà è la più grande di tutte.
Mi rendo conto che l’affermazione può suonare paradossale: chiunque mi ascolti può citare decine di esempi storici nei quali le religioni e le chiese hanno negato la libertà a chi non la pensava come loro; ed anche il cristianesimo per secoli ha negato il diritto alla libertà di pensare con la propria testa, di leggere la Bibbia con i propri occhi, di decidere in base alla propria coscienza. Le religioni spesso hanno ucciso la libertà. Come hanno ucciso la libertà ideologie che invece pretendevano di liberare l’uomo; come hanno ucciso la libertà sistemi politici che negavano il diritto alla diversità, al pluralismo ed al dissenso.
Ma per me la parola libertà non è solo una categoria teologica: non è solo la possibilità di vivere senza i condizionamenti delle convenzioni, delle superstizioni, dei dogmatismi, libertà è anche la parola fondamentale della cittadinanza democratica. La libertà degli individui di scegliere la loro rappresentanza politica, certo; ma anche la libertà di decidere del loro futuro, del loro lavoro, della loro famiglia, della loro sessualità, della loro fede.
Non è così ovvio. Sono valdese e per secoli alla mia comunità di fede è stata negata la libertà di testimoniare ciò in cui credeva; e ancora oggi in Italia la libertà religiosa non è pienamente garantita a tutte le comunità di fede e ci sono forze culturali e politiche che intenderebbero limitarla drasticamente, ad esempio, ai musulmani che intendono costruire moschee o aprire centri di preghiera.
C’è insomma chi vuole circoscrivere gli spazi della libertà, chi teme che "troppa libertà", come si dice, equivalga alla sregolatezza, o al relativismo. Ed allora nascono i gendarmi della libertà che intendono definirne i limiti e le condizioni in cui esercitarla. E tra questi gendarmi, non di rado, ci sono anche uomini di fede.
Personalmente non credo che il problema di oggi sia quello della troppa libertà. Ma, eventualmente è quello che la libertà che viene proposta e celebrata oggi è troppo spesso una libertà priva di responsabilità, una libertà inconsapevole e per questo povera di significato. La libertà a cui dovremmo pensare - come genitori, come insegnanti, come intellettuali, come credenti, - è una libertà che cresce insieme alla responsabilità, alla coscienza di ciò che con i nostri gesti di libertà contribuiamo a costruire o a distruggere.
Si usa dire che la mia libertà finisce dove comincia la tua. Ma io dico che la mia libertà comincia dove comincia la tua. La mia libertà non esiste se non è anche la tua libertà o se è a scapito della tua. La libertà umana è una continua scelta di responsabilità. Solo se riusciremo a tenere insieme libertà e responsabilità saremo veramente liberi e saremo liberi tutti.
13 febbraio 2009
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