L’anno liturgico cristiano prevede che le 4 domeniche che precedono Natale, cioè il tempo detto d’Avvento, siano dedicate a riflettere sui tempi e sui credenti che hanno preceduto la nascita di Gesù; l’avvento finisce a Natale che ricorda la sua nascita. Prima però di narrare la visita dei magi a Betlemme, l’evangelista Matteo, che abbiamo seguito sin qui, conclude la sua genealogia, tutta al maschile come di regola, menzionando l’ultimo della dinastia: Giuseppe il marito di Maria. Alle quattro antenate, ricordate sin qui, va dunque aggiunta questa quinta, anche lei infatti fa parte della famiglia di Davide. Chi è questa Maria che si affianca alle altre quattro dell’avvento? Di lei i cristiani, specialmente quelli che appartengono alle due grandi confessioni: ortodossa e cattolico romana, credono di sapere tutto quello che importa sapere, essa occupa infatti un grandissimo posto nella loro spiritualità con santuari, devozioni, preghiere; i dogmi che la tradizione è venuta creando attorno a questa donna sono più di uno, dalla perpetua verginità all’immacolata concezione all’assunzione in cielo, tutti, superfluo ricordarlo, senza fondamento nella Scrittura.
Noi stiamo alla testimonianza di Matteo; il modo come questa ragazza è presentata nella genealogia è molto interessante. Diciamo ragazza perché, pur non avendo nessuna indicazione al riguardo, è naturale ipotizzare che fosse di un’età relativamente giovane, come era usuale sposarsi anticamente e fino ai tempi delle nostre nonne.
Interessante e singolare, mentre infatti per tutte le altre donne viene usata la formula standard: "Il tale (Giuda, ... Davide) generò il tale … da ..." e segue il nome della donna, qui il caso è inverso: Giacobbe generò Giuseppe, il marito di Maria, dalla quale nacque Gesù. L’ultimo discendente di Davide è menzionato in funzione di marito dalla ragazza "dalla quale è nato Gesù", Iesus secondo il lingua greca usata da Matteo, che nel sua dialetto galileo suona Ieoshua, come Giosué, cioè Il Signore salva.
Questa formula molto particolare viene in qualche modo illustrata nei versetti che seguono la genealogia, da 18 a 25, dove viene presentata la dottrina del concepimento miracoloso sulla base di una profezia di Isaia. Il profeta (cap 7, 14) aveva parlato di una ragazza della casa reale, il cui figlio sarebbe stato segno della presenza di Dio con il suo popolo, e per questo avrebbe potuto ricevere il nome Emmanuele. Una profezia che mirava ad un tempo molto vicino a quello del profeta, che Matteo legge come annunzio della nascita del figlio di Maria, in cui vede il Messia.
Questa riflessione teologica viene però dopo la genealogia. L’elenco dei padri, le cui generazioni scandiscono la storia di Israele: 14 (2x7 è la perfezione) da Abramo a Davide, altrettante dal re all’esilio, e dall’esilio a Giuseppe, ha una sua dinamica, un suo messaggio. Dice in modo esplicito che la nascita di Gesù è l’ultima della catena dei testimoni iniziata con la vocazione divina ad Abramo, con lui si chiude una pagina della storia e se ne apre un’altra.
E non è Giuseppe, l’ultimo anello della catena ma la ragazza di Nazaret, che sta su questa soglia dell’opera di Dio, quella che apre il futuro; secondo la tradizione ebraica l’appartenenza alla comunità ebraica è data dalla madre; Maria qui non è solo figlia del popolo di Israele, ma ne è l’immagine, la personificazione: alle sue spalle stanno i padri ma davanti sta la salvezza.
Comprenderlo era superiore alle sue forze ed alla sua fede, era solo una delle molte ragazze buone e pie di Galilea, quando il figlio, lasciata la casa paterna, si avvierà nella sua imprevedibile missione, andrà con i parenti a cercarlo per ricondurlo alla ragione come narra Matteo al cap. 12 del suo vangelo. Non era più addentro alle cose di Dio delle altre quattro, come loro era solo un segnale, una voce, un segno dell’onnipotente.
Quale lezione trarre de questa genealogia? si può forse riassumere così: la catena delle generazioni, la storia della fede sono i padri a farla, è la regolarità della vita: le aperture dello Spirito, gli imprevisti della grazia, l’inatteso, ciò che sta oltre il regolare, è dato dalla presenza di alcune donne, tangenziali alla storia, l’ultima, Maria, è pienamente nella storia della fede ma la chiude, il Figlio non è più figlio suo, appartiene all’umanità. E secondo Matteo e già tale appena nato a ricevere l’omaggio dei sapienti. 23 dicembre 2009
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