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SINODO 2007

Il testo della predicazione del past. Sergio Ribet durante il culto di apertura del Sinodo 2007

«1 Il SIGNORE mandò Natan da Davide e Natan andò da lui e gli disse: "C'erano due uomini nella stessa città; uno ricco e l'altro povero. 2 Il ricco aveva pecore e buoi in grandissimo numero; 3 ma il povero non aveva nulla, se non una piccola agnellina che egli aveva comprata e allevata; gli era cresciuta in casa insieme ai figli, mangiando il pane di lui, bevendo alla sua coppa e dormendo sul suo seno. Essa era per lui come una figlia. 4 Un giorno arrivò un viaggiatore a casa dell'uomo ricco. Questi, risparmiando le sue pecore e i suoi buoi, non ne prese per preparare un pasto al viaggiatore che era capitato da lui; prese invece l'agnellina dell'uomo povero e la cucinò per colui che gli era venuto in casa". 5 Davide si adirò moltissimo contro quell'uomo e disse a Natan: "Com'è vero che il SIGNORE vive, colui che ha fatto questo merita la morte; 6 e pagherà quattro volte il valore dell'agnellina, per aver fatto una cosa simile e non aver avuto pietà». 7 Allora Natan disse a Davide: "Tu sei quell'uomo! Così dice il SIGNORE, il Dio d'Israele: 'Io ti ho unto re d'Israele e ti ho liberato dalle mani di Saul, 8 ti ho dato la casa del tuo signore e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo signore; ti ho dato la casa d'Israele e di Giuda e, se questo era troppo poco, vi avrei aggiunto anche dell'altro. 9 Perché dunque hai disprezzato la parola del SIGNORE, facendo ciò che è male ai suoi occhi? Tu hai fatto uccidere Uria, l'Ittita, hai preso per te sua moglie e hai ucciso lui con la spada dei figli di Ammon. 10 Ora dunque la spada non si allontanerà mai dalla tua casa, perché tu mi hai disprezzato e hai preso per te la moglie di Uria, l'Ittita'. 11 Così dice il SIGNORE: 'Ecco, io farò venire addosso a te delle sciagure dall'interno della tua stessa casa; prenderò le tue mogli sotto i tuoi occhi per darle a un altro, che si unirà a loro alla luce di questo sole; 12 poiché tu lo hai fatto in segreto; ma io farò questo davanti a tutto Israele e in faccia al sole' ". 13 Allora Davide disse a Natan: "Ho peccato contro il SIGNORE". Natan rispose a Davide: "Il SIGNORE ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai."»
(2 Samuele 12/1-13)

il pastore Sergio RibetLa testimonianza alla Parola di Dio che ci ha trasmesso il secondo libro di Samuele è di una chiarezza tale che nessuna spiegazione è necessaria. Basterebbe ascoltare. Quale sia il peccato del re Davide, narrato nel capitolo precedente, è noto: un pesante adulterio, accompagnato da un pesante omicidio. Fin qui l’antefatto.

Dio manda Natan, il profeta, da Davide. E’ difficile dire "hai sbagliato" al re. Natan riesce a farlo, con un racconto che suscita l’ira di Davide. Il re-pastore, davanti alla immagine dell’agnellina rubata e uccisa, non ha perso la cognizione del male e del bene, come può succedere quando si è ricevuto un potere immenso. Davide afferma: "Colui che ha fatto questo merita la morte". L’abilità di Natan sta nel fatto che la sentenza, dura e netta, non viene direttamente da lui, ma da Davide stesso. Natan ora può pronunciare una parola tagliente come una spada: "Tu sei quell’uomo".

Una prima riflessione
A volte, nonostante la nostra mancanza di coraggio, ci è chiesta questa lucidità profetica, non possiamo tacere la verità. Questo vale per tutti e tutte noi, ma lo sottolineo soprattutto per i pastori e le pastore, e per i candidati al ministero che oggi assumono l’impegno di vivere il loro ministero con fedeltà. Non si tratta di indovinare il futuro, né di dare un giudizio che non ci compete, perché anche noi siamo nel peccato. Si tratta di dire ciò che è vero, quello che Dio dice. Natan lo sa fare. Anzi, non può fare altrimenti. Rispondendo al re afferma: "Così dice il Signore … Io ti ho innalzato, e tu hai disprezzato la mia Parola, facendo quel che è male ai miei occhi." Dopo la condanna, detta in nome di Dio, Davide deve rispondere. Potrebbe negare, fuggire, eliminare il profeta. La sua risposta è tragicamente sobria e sincera: "Ho peccato contro il Signore".E anche la risposta di Natan è brevissima: "Il Signore ha perdonato il tuo peccato; tu non morrai".
Stupefacente risposta. Tutto perdonato, in uno spazio di tempo ancora più breve della nostra confessione di peccato e annuncio del perdono nel culto domenicale? Non è così. L’annuncio di sciagure sulla casa di Davide, che Natan aveva pronunciato, si compirà. E il racconto su Davide si dipanerà per capitoli e capitoli, senza che mai sia dimenticata la disobbedienza del re.

Una seconda riflessione
Non c’è più innocenza, non c’è più ingenuità possibile nell’esercizio del potere, da parte di Davide. Eppure, Dio lo ha scelto, e continua a proteggerlo, nonostante tutto. Anche qui mi rivolgo a tutte e tutti voi, ma questa volta in modo particolare ai partecipanti al Sinodo. Il Sinodo è per noi un potere: "la massima autorità umana della Chiesa in materia dottrinaria, legislativa, giurisdizionale e di governo" (27DV/1974). Ma il Sinodo "non è mai sovrano, perché soggetto alla sola sovranità dell’unico Signore della Chiesa" (12/SI/72). L’autorità del Sinodo è grande. Ma non è illimitata, come non era illimitata l’autorità di Davide.
Davide è una pedina, tra le più importanti, nella storia del popolo di Dio. Un popolo speciale, guidato da Dio o un popolo come gli altri, che chiede una amministrazione adeguata ai tempi, o entrambe le cose? Penso che anche in questo Sinodo ci chiederemo, su molti temi, se dobbiamo "essere come gli altri" o "distinguerci dagli altri". Ma il vero problema al quale dovremo dare risposta, nella nostra vita, è se siamo capaci di ascoltare non la realtà, non la tradizione, non altre voci, ma la parola del Dio vivente. Questa è la sfida, che raccogliamo pur nella nostra umanità e nei nostri errori. Davide si è comunque affidato alle volontà di Dio, al patto, alla promessa di Dio. Non è Dio che è legato alla sua promessa di amore: non ha nessun obbligo nei nostri confronti, né è soggetto ai nostri ricatti, fossero pure pii ricatti. Siamo noi che siamo incatenati dalla sua promessa. Davide pagherà cara la promessa di amore che Dio gli ha rivolto, ma vivrà. Dove il peccato è abbondato, la grazia è sovrabbondata. Noi potremmo pagare cara la tentazione della chiesa – delle chiese – di confondere la volontà di Dio con il proprio prestigio. Ma se ci lasceremo afferrare dall’amore di Dio per noi, vivremo.

E ancora un’ultima osservazione
Cara comunità, anzi: cara Chiesa. Chiesa nel senso autentico della parola: persone convocate dalla Parola di Dio, per ascoltarla e metterla in pratica. Che cosa ci dice questa Parola, non solo per la nostra vita privata, né solo per la chiesa? La chiesa ha una missione verso il mondo. Ai tempi di Davide c’era una quasi perfetta coincidenza tra popolo e popolo di dio, tra comunità politica e comunità di fede. Poi, qualche chiesa si è fatta impero; qualche impero ha imitato la chiesa, almeno al livello della attenzione all’essere umano. Oggi chiesa e stato, poteri e chiese, tendono a invadere il campo altrui, a volte per il "bene comune" (stabilito chissà da chi), a volte, parrebbe, per il male comune.
In Davide, percepiamo la grandezza del re, non solo nel bene ma, se si può dire così, anche nel male. Ha compiuto la sua missione? Forse. Certamente Dio ha fatto sì che la sua missione non fosse solo fallimento. Ma Davide non si è rinchiuso nel privato, né nella pietà personale. Ha affrontato il mondo in cui viveva, non ne è fuggito.
Anche Gesù Cristo non si è rinchiuso nel privato, né nella sola pietà personale, ha affrontato e si è confrontato col mondo nel quale è stato inviato, per un tempo, fra noi, non ne è fuggito. Ha compiuto fino in fondo la missione che gli era stata affidata. Chi ha seguito Gesù nella sua vita terrena lo ha acclamato come "figlio di Davide". Davide e Gesù hanno fatto i conti con la prospettiva del regno, dell’abbandonarsi a Dio, della preghiera. C’è una forte analogia tra loro, ma anche un ribaltamento di scenario. "Tu sei quell’uomo" è l’accusa di Natan a Davide, e indica il peccatore. "Ecco l’uomo" dice Pilato mostrando al popolo Gesù coronato di spine, e indica colui che toglie il peccato del mondo, prendendolo su di sé (Giov. 19:5, Giov. 1:29).
La missione della chiesa nasce da una vocazione. La chiesa non è chiamata a giudicare o a salvare il mondo: lo ha già fatto Gesù. Non è suo compito impartire ordini e divieti, ma indicare a donne e uomini la via per crescere nella libertà delle figlie e dei figli di Dio. La chiesa non può chiedere altro se non di obbedire alla Parola di Dio. Per servire Dio, e per servire il mondo, non servono persone schiave, di qualsiasi idolo. Occorrono persone, salvate e liberate dal Dio vivente, con il coraggio di dire la verità. Amen

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