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SINODO 2008

Maria Bonafede, Gabriella Caramore, Alberto Melloni, Giulio Giorello, Paolo Ricca nella serata pubblica del Sinodo

LO SPAZIO DEL PROTESTANTESIMO E' LO SPAZIO DELLA PAROLA

di Alberto Corsani

Paolo Ricca (foto Riforma)L'immagine della «porta stretta» (e anche della «via stretta»), usata da Paolo Ricca, poi ripresa in più interventi nel corso dei lavori sinodali, e in ultimo nel discorso della moderatora Bonafede, ha costituito l'approdo simbolico della serata pubblica del lunedì, dedicata allo «spazio del protestantesimo - se ce n'è uno - nella società italiana». Un approdo inevitabile, la certezza su cui si basa il senso della nostra presenza. Lo spazio della Parola di Dio, ragion d'essere (è in questo ambito che viviamo) e sprone all'attività di testimonianza. Va tuttavia rilevato che questo intervento, che aveva il peso e la densità per trasformarsi in conferenza a sé stante, è giunto dopo una serie di «operazioni di disboscamento» compiute dagli altri oratori, che hanno via via eliminato una serie di accidenti, fraintendimenti, false piste e obiettivi secondari, quando non addirittura perniciosi, che si pongono (in particolare nella società e cultura italiana) a ostacolo per una testimonianza cristiana in senso pieno.

Alberto MelloniAlberto Melloni, storico della Chiesa (di lui è stato ricordato il problematico Chiesa madre, chiesa matrigna - Einaudi 2004 -, in cui esponeva in maniera teorica lungimirante il ruolo che la Cei sta attribuendo ai «valori» cristiani nella scena pubblica), prendendo le mosse dal sentimento di paura diffusa che aleggia nella nostra società (paura dell'altro, del diverso, della precarietà), e che anche le chiese in qualche modo alimentano, ha denunciato il rischio che le chiese stesse si rifugino da un lato in una morbosa ricerca ed esaltazione dell'identità; e dall'altro nella smania di ottenere un riconoscimento pubblico-politico che (presumiamo) dovrebbe compensare lo svuotamento delle parrocchie. Il posto di ciascuna chiesa dovrebbe essere invece a fianco di Gesù.

Gabriella CaramoreAltri colpi li ha portati Gabriella Caramore, saggista e ideatrice della trasmissione di Radiotre Uomini e profeti:, che ha denunciato la pretesa, da parte della Chiesa di maggioranza, di detenere una verità «più verità» di quella delle altre chiese. Un atteggiamento, fra l'altro, che sta provocando tristi effetti di imitazione da parte dei cosiddetti «atei devoti» (spesso strumentali nelle loro posizioni) e anche in quelli che ha chiamato «atei convinti», incapaci di distinguere fra storia della Chiesa e messaggio evangelico, fra Parola di Dio e pronunciamenti delle gerarchie. La prospettiva protestante è ben diversa, e richiede un'attenzione non all'identità (il cui profilo, anzi, andrebbe tenuto consapevolmente basso) ma alle radici bibliche, pena il rischio di ridursi a «religione civile».

Giulio GiorelloPiù legato alla propria militanza di filosofo della scienza l'intervento di Giulio Giorello, acceso nella rivendicazione della libertà di ricerca e della libertà individuale. L'individualismo tuttavia non basta, di fronte ai rischi correnti di dispotismo potenziale da parte di chi è in posizione di forza (non solo il Vaticano ma anche, per esempio, alcuni ambienti evangelici negli Usa conducono crociate antiscientifiche).

Questi, in estrema sintesi, i contributi che erano giunti da parte di tre «compagni di strada», che non solo tangenzialmente incontrano le nostre strade. Era naturale e giusto che la centralità della Parola costituisse il riferimento e al tempo stesso la strumentazione più adeguata perché ogni membro delle nostre chiese possa rispondere alla propria vocazione. Allora, nella conclusione di Ricca, se anche non vi fosse al momento uno spazio per il protestantesimo nella nostra società, noi sappiamo che è il contenuto stesso a creare lo spazio. Così avvenne nel I secolo dopo Cristo e così può avvenire ogni qualvolta l'Evangelo sia «fedelmente predicato».

Tratto da Riforma del 12 settembre 2008

 
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