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SINODO 2009

I candidati al ministero pastorale di presentano:
STEFANO D'AMORE

Stefano D'Amore (foto Riforma)Ho 31 anni, ho studiato alla Facoltà valdese di Roma e all’Isedet di Buenos Aires. Dal 1° luglio 2007 sono stato destinato alla chiesa valdese di Torino per svolgere il periodo di prova.
Ricordo ancora molto bene quando a otto anni mi diressi verso il pastore che curava la comunità di Pinerolo nella quale sono cresciuto, per domandargli perché nella Genesi ci fosse scritto che Dio aveva creato il mondo e l’essere umano, visto che a scuola mi insegnavano la teoria del big bang e il fatto che tutti noi discendiamo dalla scimmia. L’aver accolto da parte sua quel mio dubbio come una cosa seria e l’aver tentato di fornirmi una chiave interpretativa adatta alla mia età, mostrano bene la prima cosa che vorrei sottolineare. La Chiesa valdese rappresenta per me uno spazio privilegiato nel quale è stato possibile dubitare, e proprio per questo permettersi di avere il tempo per rendersi conto delle cose, provare a comprenderle e crederle. Uno spazio nel quale il primo messaggio che ricevi non è il confine entro cui ti è concesso muovere i passi, ma il fatto che sei amato da Dio.
L’accoglienza del dubbio all’interno del percorso di fede significa poi apertura al dialogo – che vuol dire accortezza e lentezza nel giudizio – ma significa anche scegliere di dubitare, di assumere e sviluppare un pensiero critico nei confronti di ciò che mi sta attorno. Credo profondamente che Dio desideri intervenire nella storia di soggetti pensanti piuttosto che di automi stanchi o incapaci di riflettere e credo che questo sia un aspetto da non dimenticare anche nell’ambito della formazione delle generazioni più giovani. Da Agape ai gruppi giovanili, dalla comunità locale alla Facoltà, ho incontrato e lavorato in luoghi che mi hanno chiesto di lasciarmi mettere in discussione: da Dio innanzitutto, dal testo biblico, dall’altra che incontro, dall’altro che non posso incontrare.

La Fgei ha avuto una parte fondamentale in questo mio percorso, per essere stato uno dei principali soggetti che hanno suscitato e accompagnato la mia vocazione. Grazie a essa e a realtà come quelle dei centri giovanili e della Cevaa, ho incontrato sorelle e fratelli che mi hanno testimoniato la passione per Dio e il servizio del prossimo, aiutandomi a dare forma all’immagine del ministero pastorale che sento più vicina. È molto forte in me, inoltre, la convinzione che una Chiesa per essere tale deve essere diaconia. Questa dimensione, intesa come segno visibile e concreto che anticipa e annuncia la venuta del Regno, non può mancare nella vita di una comunità che si confessa credente: è essenziale per poter essere chiese responsabili, aperte alla costruzione di relazioni e dinamiche alternative, pronte ad affermare la dignità dove solitamente si sostiene l’esclusione, capaci di difendere i diritti dei poveri e aiutare le più deboli a rialzarsi. Non posso dimenticare un versetto di Isaia che dice «Io, il Signore, sono il primo; io sarò con gli ultimi».

Sarei felice di poter proseguire il mio servizio in questa piccola Chiesa attraverso la predicazione dell’Evangelo, la cura pastorale e l’impegno nella vita comunitaria, vivendo il ruolo pastorale come un’opportunità: per annunciare l’Amore di Dio, per prendersi il tempo di incontrare le persone nelle fragilità come negli entusiasmi, per riconoscere e valorizzare i doni altrui. Perché essa possa confermarsi – come recita un atto sinodale dell’ultima sessione rioplatense – «una Chiesa in cui viene voglia di stare».
Prego Dio di non farmi mancare sostegno e speranza e di concedermi di svolgere il ministero pastorale al servizio di una Chiesa che, affondando le proprie radici nella sequela di Gesù, mi auguro continui ad accettare la sfida del cambiamento senza esserne impaurita.

Tratto da Riforma del 21 agosto 2009

 
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