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SINODO 2009

I candidati al ministero pastorale di presentano:
ALESSANDRO ESPOSITO

Alessandro Esposito (foto Riforma)Vocazione è realtà che sfugge alle nude parole, mistero che si ritrae di fronte a ogni tentativo di confinarlo nell’angusto spazio della definizione e che soltanto si consegna all’apertura del racconto. Vocazione, difatti, è figlia del cammino: percorso costellato di dubbi e di ripensamenti, di incontri e di ridefinizioni. La mia fede, e con essa la mia decisione di abbracciare il ministero pastorale quale sentiero lungo il quale darle corpo, hanno scoperto motivazioni di volta in volta differenti, figlie di una relazione con Dio in costante trasformazione. Luogo di questa relazione sono state le esperienze dentro le quali Dio ha permesso che lo scorgessi: incontri con storie di donne e di uomini nelle cui maglie Dio rimane impigliato, lasciando come una traccia impercettibile eppure evidente del suo passaggio.
Così, attraverso la complessità e la contraddittorietà delle vicende umane, Dio si è fatto strada in me e mi è venuto incontro, rivelandosi come il Dio dal volto umano, il Dio che attraverso le donne e gli uomini ha inteso e intende restituirmi alla mia umanità. E questo, per me, è stato e continua a essere anche il senso di quelle Scritture nelle quali Dio ha lasciato impressa come un’orma, che poi si scava nel cuore di chi le ascolta: un invito costante a divenire, ogni giorno, più umano.

In tale tentativo sempre incompiuto, due sono stati i luoghi dell’esercizio e dell’apprendimento. Le comunità, anzitutto: quella valdese di Torino, in seno alla quale ho imparato a muovere i primi, timidi passi; quella cristiana di base di Pinerolo, che mi ha insegnato la difficile bellezza della libertà e il coraggio del dissenso; quella valdese di Felonica Po e quella battista di Ferrara, che mi hanno «svezzato» pastoralmente; quelle valdesi di Trapani e Marsala, che mi hanno donato la gioia e l’entusiasmo di un ministero «di frontiera». A tutte sono debitore di una tessera del variopinto mosaico della mia fede itinerante, del dono di un orizzonte più ampio e di uno sguardo più attento.

Ancor prima e ancor più, però, sono stati i poveri a costituire il luogo della mia umanizzazione e, quindi, di una più profonda comprensione dell’evangelo: essi, infatti, ne sono i destinatari, coloro alla cui realtà siamo chiamate e chiamati ad accostarci e dalla cui realtà soltanto possiamo essere interrogati, provocati, trasformati. I poveri costituiscono il luogo privilegiato dell’esperienza di fede come esperienza pienamente umana; ma rappresentano, anche, la possibilità della conversione personale e comunitaria a quel Dio che nelle Scritture ne prende le difese in maniera incondizionata e che ci chiama a fare la stessa cosa perché possiamo dirci davvero figlie e figli suoi. E dovrebbero anche essere, i poveri, luogo nevralgico e imprescindibile di una riflessione teologica che prenda le mosse da quella realtà che il messaggio evangelico ci chiama ad assumere per poterla poi trasformare. Senza questa coscienza e questa prassi, credo, il mio ministero e la mia stessa fede sarebbero vani.

Tratto da Riforma del 21 agosto 2009

 
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