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SINODO 2009

La rappresentazione teatrale di Giorgio e Sara Tourn allestita per la serata pubblica

IN SCENA NON SOLO L'OPERA MA L'UOMO GIOVANNI CALVINO

di Enrico Parizzi

Un leggio, un lenzuolo bianco per fondale, un semplice tavolo: questa la spoglia scena che la sera di lunedì 24 agosto si presenta a chi entra nel tempio di Torre Pellice; poi, all'accendersi dei riflettori, ecco staccarsi altrettanto spoglie figure, disegnate più dall'ombra che dalla luce: Amici e nemici di Calvino, un testo di Giorgio Tourn, con Giorgio e Sara Tourn.
Difficile dire a quale genere possa appartenere l'oggetto di cui siamo testimoni: spettacolo teatrale, predicazione drammatizzata, conferenza storica a più voci, o piuttosto tutto questo insieme... Sulla scena si presentano e si avvicendano vari compagni di viaggio del riformatore: il collega di studi e l'Olivetano, Farel e Girard lo stampatore, il profugo e il discepolo, l'oste e l'aristocratico; un campionario di umanità vario, colorito, vivo. Testimoni dell'avventura di un uomo, Jean Cauvin, dagli anni della sua formazione parigina, attraverso la traduzione della Bibbia, l'arrivo a Ginevra, l'ascesa della sua stella, i contrasti con i notabili della città, fino alla malattia, la morte, il funerale.

Un uomo, dicevamo. Non credo di essere ii solo ad aver sempre identificato Calvino con il suo pensiero, così ingombrante da celare la sua natura umana, che trapela al massimo attraverso qualche severo ritratto o dalla fama controversa del rigido regime morale che aveva instaurato nella città. Ecco che attraverso queste figure parlanti, invece, si delinea davanti al nostri occhi una fisionomia caratteriale e, direi, corporea, sempre più precisa e complessa, con la sua genialità e le sue debolezze, il coraggio e la spregiudicatezza, la consapevolezza del proprio valore, la combattività.

Le voci sono inframmezzate da letture di suoi scritti, che formano uno strano contrappunto con tutti questi personaggi virili, perché vibrate nell'aria da una voce femminile candida, persuasiva, tale da far risaltare piuttosto l'ordito, la leggerezza, perfino la tenerezza dei ragionamenti e delle visioni. Da principio si fatica a seguire il filo che unisce le scene recitate alle letture; l'effetto generale è piuttosto di straniamento: una rassegna d'uomini tutti diversi che si esprimono tutti con la stessa voce, la stessa particolarissima parlata (d'altra parte, potevamo noi astrarci dal vedere l'inconfondibile figura del «burattinaio» Giorgio Tourn, che conosciamo cosi bene?), quasi una moltiplicazione della stessa umanità in un gioco di specchi, contrapposti al pensiero e all'anima di Calvino che si raccontano con voce di donna. Cosi, poco a poco, è la voce intima di Calvino a imporsi come essenza, mentre i vari personaggi, man mano che si alternano l'uno all'altro, sfumano nei loro contorni personali per diventare altrettanti punti di vista di uno studioso instancabilmente indagatore, con il suo senso critico e il suo amore per Calvino. Appare a un tratto anche la moglie del riformatore, figura che riassume in sé tutte le donne della vicenda ginevrina, ed è una presenza muta ma spessa e pervasiva.

La rappresentazione si chiude con la morte e il funerale di Calvino, raccontata da un pietoso personaggio che si pone temporalmente tra quel triste momento e un futuro non ancora terminato. «Noi siamo predestinati ad andare avanti. Domani è un altro giorno». L'invito è a scrivere noi stessi la prossima pagina, accettando la morte che è il nostro limite personale, ma lasciando ancora qualcosa a chi verrà dopo di noi

Tratto da Riforma dell'11 settembre 2009

 
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