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IL VANGELO OGGI
 
Meditazioni sulla settimana santa: Giovanni
di Jens Hansen

Testo biblico: Matteo 26/26

Riviviamo la settimana che va dalle Palme a Pasqua, conosciuta come settimana di passione, accompagnati da personaggi dell'Evangelo. Continuando con Giovanni, oggi, giovedì santo, ricordiamo l'ultima cena diventata così importante per noi cristiani: Leonardo da Vinci, CenacoloGesù e il gruppo di uomini e donne che lo ha seguito cenano insieme, condividendo l'ultima volta con il Gesù vivente il pane e il vino. Questo pasto fino ad oggi è un segno di comunione.
Nell'Evangelo di Matteo leggiamo: «Mentre mangiavano, Gesù prese del pane e, dopo aver detto la benedizione, lo spezzò e lo diede ai suoi discepoli dicendo: "Prendete, mangiate, questo è il mio corpo."»
Uomini e donne di tutti i tempi sono chiamati a partecipare a questo pasto, ricchi e poveri partecipano alla comunione: uomini e donne in una baraccopoli in Brasile, profughi nelle zone di guerra in Africa, malati di AIDS in Angola e anche uomini e donne qui in Italia. La cena di Gesù è sempre stata una sfida per l'organizzazione della società, perché la cena del Signore non conosce delle caste, degli strati sociali, in essa si incontrano uomini e donne di tutti i ceti che sanno di avere una responsabilità l'uno verso l'altra e tutti verso il mondo.

Così la cena del Signore crea una grande speranza, una speranza di un mondo migliore, una speranza di giustizia e di pace, creata da uomini e donne che in tutto mondo partecipano alla cena, anzi creata da Gesù stessa ospite di tutte le cene. La cena del Signore ha una dimensione mondiale.
Uomini e donne condividono il pane e il vino, frutti della terra. Gustate e vedete! Gustando i frutti della terra ci sentiamo vicini alla terra che ci nutre, la cena diventa un invito anche alla salvaguardi del creato. La cena come processo conciliare: pace – giustizia – salvaguardia del creato.
Certo, i discepoli seduti attorno al tavolo non avrebbero mai immaginato che proprio quella cena sarebbe diventata un evento mondiale.

Guardiamo per esempio Giovanni, il discepolo amato da Gesù, tanto amato che alcuni evangeli apocrifi ci raccontano delle scene di gelosie da parte di Pietro. Già l'Evangelo di Giovanni fa intravedere una certa concorrenza fra loro due. Ricordiamo solo la "gara" chi arriva primo alla tomba vuota.
Mentre Pietro è l'uomo in seconda fila (vedi la meditazione di ieri), l'organizzatore, il pragmatico, Giovanni è più emotivo. Come si sarà sentito quella sera? Ha cercato ancora una volta la vicinanza anche fisica di Gesù? Ha potuto immaginare ciò che sarebbe accaduto dopo la cena? Penso che Giovanni avrà avuto paura, domande e speranze. E penso che Giovanni avrà voluto immortalare questo momento così denso. Perché pensare alla morte se attorno alla mensa siamo tutti insieme?

Talvolta è difficile affrontare la dura realtà, sapere o almeno immaginare di doversi congedare da una persona amata.
Alla fine allora non era molto diverso di come lo è oggi quando celebriamo la cena del Signore. Anche noi sappiamo della nostra fragilità e della provvisorietà delle nostre relazioni. Quante volte abbiamo sperimentato quanto vulnerabili siamo nei nostri rapporti! Conosciamo la debolezza della nostra fede e vediamo le fratture della nostra comunione.
Abbiamo però delle speranze, come Giovanni e gli altri, speranze che si concretizzano quando viviamo la comunione, sperimentata durante la cena, nella vita quotidiana, quando la comunione diventa impegno concreto e una vera sfida alle ingiustizie di cui siamo testimoni.

 
   
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