L'intervento di mons. Debernardi, rappresentante della Conferenza episcopale
SULL'ECUMENISMO NON SI TORNA INDIETRO
Oltre ai temi più teologici e del dialogo interreligioso, evangelici e cattolici possono fare un cammino comune sulle questioni dell'etica economica e dei processi di globalizzazione
di Piergiorgio Debernardi, vescovo di Pinerolo
Porgo a tutti voi il saluto della Conferenza episcopale italiana e in
particolare della Commissione episcopale per lecumenismo e il dialogo
interreligioso.
Voglio assicurarvi che cè unattenzione particolare
ai lavori del vostro Sinodo, soprattutto per quanto riguarda i temi della
globalizzazione e delletica economica.
Sono problemi che appassionano fortemente anche le comunità cattoliche
sparse nel territorio italiano e che vedono, spesse volte, protestanti
e cattolici lottare su un medesimo fronte e per gli stessi obiettivi.
Non possiamo, infatti, rassegnarci a un mondo in cui altri esseri umani
muoiono di fame, restano analfabeti, mancano di lavoro.
Nel manifesto delle associazioni cattoliche redatto a Genova in occasione
del G8, si scriveva con convinzione e con passione "Noi sentiamo
limpegno di appartenere ad una famiglia, quella umana, che va oltre
i confini nazionali e le logiche economiche. Crediamo che tutti siamo
veramente responsabili di tutti e non possiamo rimanere indifferenti di
fronte alle clamorose differenze che esistono nella vita delle persone
sul nostro pianeta. Affermiamo che ogni uomo è una risorsa, un
bene prezioso per gli altri, e a sua volta chiede agli altri di essere
accompagnato e aiutato nel suo cammino verso il compimento definitivo.
Nessuna persona può essere considerata solo un soggetto economico
passivo il cui valore è commisurato alla sua capacità di
acquisto". Da questa premessa nasce limpegno comune di costruire
il futuro lavorando per una globalizzazione della solidarietà e
delle responsabilità da realizzare attraverso una nuova cultura,
nuove regole e nuove istituzioni a livello nazionale e internazionale.
Anche per quanto riguarda il cammino ecumenico, il vostro Sinodo è
un segnale quanto mai chiaro che indietro non si torna. E vero,
bisogna riconoscerlo, a volte in taluni cristiani e comunità cè
indifferenza, apatia e anche resistenza; a volte si usa una metafora meteorologica,
parlando di inverno e di gelo, tuttavia il cammino prosegue inarrestabile.
Nella Relazione al Sinodo circa i rapporti con la Chiesa cattolica
si parla non solo della cauta ripresa di relazioni ecumeniche dopo le
difficoltà causate dal Giubileo, ma anche di incontri e di rapporti
veramente fraterni e di una comunione sentita e vissuta che ha sempre
continuato.
Lessere qui con voi, fratelli e sorelle valdesi, insieme a esponenti
provenienti da confessioni cristiane diverse è un segno inequivocabile
di cammino nella carità. Negli orientamenti della Chiesa cattolica
per i prossimi dieci anni (documento che ha per titolo Comunicare il
Vangelo in un mondo che cambia) cè un forte invito a
non restare indifferenti di fronte alla preghiera di Gesù nellultima
cena fatta per lunità della sua chiesa. Così si dice
nel citato documento: "Lecumenismo è una sfida fondamentale
perché è una verifica della nostra fedeltà al Vangelo;
ma è anche una grande scuola di comunione: proprio di fronte ai
cristiani di altre chiese (e comunità ecclesiali, palesemente)
"diversi" da me, sono chiamato a riconoscere quellunità
che, a dispetto delle differenze, ci lega e ci chiama a una comunione
sempre più piena
Non si dà unità senza il rispetto
delle differenze, senza portare i pesi gli uni degli altri, ma soprattutto
senza cercare insieme la verità che è lunica vera
fonte di unità, nonché lunica ragione del nostro esistere
come comunità ecclesiali: Gesù Cristo, lunico nostro
Signore".
Grazie per averci invitati e per averci coinvolti nei vostri lavori;
ma soprattutto per farci partecipi della vostra gioia, della vostra amicizia,
della vostra festa e della vostra preghiera. Tutto questo, mi pare, è
il Sinodo valdese-metodista.
E poi, come vescovo di Pinerolo, devo aggiungere una parola in più.
Provo una profonda commozione a parlare per la prima volta in questa aula,
segno ed emblema della vostra identità. Sento che siamo fratelli
e sorelle coinvolti in una medesima storia. Non voglio ricordare quella
del passato, voglio invece assicurarvi che desidero continuare a scrivere
con voi pagine belle, piene di futuro e di speranza, come ormai da alcuni
anni, insieme, stiamo facendo. Un saluto anche da parte di mons. Giachetti.
(tratto da Riforma, del 14 settembre 2001) |