Si è svolto dal 25 al 30 agosto a Torre Pellice (Torino) il Sinodo delle chiese valdesi e metodiste, significativo appuntamento nell'ambito del protestantesimo italiano a cui hanno partecipato 180 persone - pastori e laici in numero uguale - più una quarantina di ospiti e osservatori dall'Italia e dall'estero. Presidente del Sinodo di quest'anno, il pastore metodista Franco Becchino.
Il Sinodo si è aperto ufficialmente domenica 25 con un culto presso il Tempio valdese di Torre Pellice presieduto dalla pastora valdese Erika Tomassone, durante il quale è stata consacrata al ministero pastorale la candidata Birgit Wolter, 30 anni, tedesca, proveniente dalla Chiesa unita luterana riformata di Berlino.
Ricevere ed annunciare la benedizione di Dio per il mondo è ancora possibile, nonostante "il dolore e la perdita dell'innocenza" che caratterizzano la nostra epoca, ha affermato la pastora Tomassone, che ha tenuto la predicazione del culto inaugurale su un passo biblico della Lettera agli Ebrei (cap. 13, vv. 20-22).
La parola di benedizione di Dio è capace di "ridare orientamento all'agire umano, oltre i nostri smarrimenti", ha detto. In un tempo in cui non è più possibile dire "io non sapevo niente", perché le immagini e le notizie dirette delle tragedie che affliggono il mondo ci raggiungono quotidianamente, "benedire e ricevere una benedizione ristabilisce la nostra posizione rispetto a Dio, e agli altri", ha proseguito la pastora Tomassone. E non a caso le parole bibliche di benedizione sono pronunciate al plurale: "Ciò mette l'accento su una delle caratteristiche della chiesa: quella di essere un insieme di persone, un insieme di vocazioni". Essere chiesa, insomma, significa "essere uomini e donne, insieme, davanti a Dio".
E' stato un anno, quello trascorso dall'ultimo Sinodo, carico di tragedie e lacerazioni: abbiamo vissuto in prima persona, ha proseguito la pastora Tomassone, le tragedie degli attentati di New York e Washington dell'11 settembre, la guerra in Afghanistan, la gravissima crisi economica in Argentina ed Uruguay. Di fronte alla condizione umana la benedizione di Dio "non intende dirci concretamente ciò che dobbiamo fare. Ci dice però che in noi e fra noi Dio è all'opera. Lui solo può raccogliere i nostri tentativi di stare al mondo facendo la sua volontà". La benedizione di Dio, è come "un cuneo, che si insinua tra i nostri relativismi, le nostre indifferenze e l'opzione contraria, la semplificazione, cioè l'affermazione delle proprie scelte come le uniche degne di essere chiamate cristiane. Ma la benedizione è anche il cuneo che si insinua tra la chiesa e la chiesa: tra la chiesa che siamo e la chiesa che siamo chiamati ad essere". Non "avallo divino di scelte umane", ma "promessa che la nostra fatica non è vana".
(tratto dal NEV, del 4 settembre 2002) |